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Carlo Rubbia spiega il solare a concentrazione
In occasione dell’evento internazionale “Rome Energy Meeting” il premio Nobel Carlo Rubbia ha parlato di progetti concreti per le tecnologie rinnovabili.
“La politica energetica europea non considera a sufficienza i
parametri di insolazione di Paesi come Italia, Grecia e Spagna. Per
gli stati del Sud Europa, il potenziale solare è una
realtà. Certo, gli impianti richiedono spazio e le
località favorevoli in Italia sono poche: l’Enea sta
prendendo in considerazione Gela, Specchia (in Puglia) e alcune
aree della Sardegna”, ha detto il Nobel Carlo Rubbia nella giornata
conclusiva del Rome Energy Meeting.
Di fronte a un continuo aumento del fabbisogno energetico mondiale
(+2,3% negli ultimi 150 anni) il celebre scienziato identifica
l’energia solare come l’unica soluzione immediatamente disponibile
per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e portare
energia anche a chi non ce l’ha.
“Oggi un quarto della popolazione mondiale non ha energia
elettrica, il che impedisce qualsiasi attività industriale e
la creazione di posti di lavoro. Queste popolazioni vivono quasi
tutte in zone rurali di Asia e Africa, dove il livello di
insolazione consentirebbe l’utilizzo dell’energia solare come fonte
primaria, purché ci sia una tecnologia semplice e dai costi
contenuti”.
Secondo il premio Nobel il sistema solare a concentrazione risponde
a queste esigenze. Il sistema è basato sulla concentrazione
della luce solare tramite specchi a basso costo. L’elevato calore
prodotto (550 °C) viene immagazzinato sotto forma di sali
disciolti, consentendo di ottenere energia elettrica anche in
assenza di luce e a costi paragonabili a quelli dell’energia
termoelettrica ottenuta da petrolio e gas naturale.
“In molte regioni del mondo, un mq. di collettori può
fornire, in un anno, la stessa quantità di energia contenuta
in un barile di petrolio. In zone come il Sahara si potrebbero
ricavare quantità enormi di energia, che potrebbe essere
facilmente trasportata in Europa tramite cavi per la trasmissione a
lunga distanza”, ha spiegato Rubbia.
Mentre negli USA sono in funzione da 15 anni impianti ibridi a
energia solare e fossile, la nuova tecnologia consente di
realizzare impianti esclusivamente solari a costi accessibili. Che
avrebbero una vita media di 25-30 anni, mentre solo 6 mesi di
esercizio basterebbero per recuperare il costo di realizzazione.
Non produrrebbero emissioni di CO2 o sostanze nocive e gran parte
del materiale potrebbe essere riciclato al termine
dell’utilizzo.
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