Carne e ogm mettono a rischio i negoziati transatlantici

Il presidente Usa Barack Obama e i leader europei puntano a rimuovere dazi, tariffe e balzelli sulle merci in transito dall’Europa al Nordamerica, disegnando quello che potrebbe diventare un mercato libero composto dagli 815 milioni di persone più ricche del mondo. L’accordo, a cui si lavora da mesi, potrebbe prendere forma in un summit bilaterale

Il presidente Usa Barack Obama e i leader europei puntano a rimuovere dazi, tariffe e balzelli sulle merci in transito dall’Europa al Nordamerica, disegnando quello che potrebbe diventare un mercato libero composto dagli 815 milioni di persone più ricche del mondo.

L’accordo, a cui si lavora da mesi, potrebbe prendere forma in un summit bilaterale il 26 marzo, a Bruxelles. Lo schema si chiama Transatlantic Trade and Investment Partnership. Secondo una nota ufficiale della Ue “gli obiettivi comprendono l’eliminazione di tutti i dazi sui beni commerciali”. Per esempio, le auto europee importate negli Usa sono caricate di una tassa del 2%, quelle americane in Europa del 10%: il peso di questo fardello è di 1 miliardo di euro all’anno.

Il più grande ostacolo ai negoziati oggi è il cibo. La riluttanza dell’Europa a comprare la carne agli ormoni americana o a importare semi e piante Ogm sta, secondo gli stessi negoziatori “ingolfando enormemente” le trattative. Dopo otto mesi di discussione, un patto che coprirebbe la metà dell’economia mondiale è ostacolato dalle regole inconciliabili che governano la commercializzazione del cibo, della carne trattata agli ormoni e delle piante transgeniche.

“C’è un’enorme distanza tra le posizioni di Usa ed Europa – ha ammesso alla Reuters Michael Dolan della U.S. Teamsters Union – e a causa di ciò potrebbe scaturire un accordo commerciale più piccolo, modesto e meno ambizioso, perché su questi temi non c’è trattativa possibile”. Le tensioni sulla politica ecologico-alimentare e sanitaria (perché carne agli ormoni e ogm sono problemi economici, ecologici e di salute pubblica) potrebbero tra l’altro erodere ulteriormente il favore dell’opinione pubblica su questo negoziato. Nonostante il fatto che, secondo i promotori, farebbe crescere l’economia di 100 miliardi di dollari su ambedue le sponde dell’Atlantico.

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