Olivetti, condannati i vertici per le vittime dell’amianto

La procura di Ivrea condanna Carlo De Benedetti, il patron de L’Espresso, a 5 anni per concorso in omicidio colposo per la morte degli operai della Olivetti venuti a contatto con l’amianto.

Le morti provocate dall’amianto negli stabilimenti della Olivetti di Ivrea potevano essere evitate. I vertici dell’azienda hanno trascurato i problemi legati alla sicurezza e il loro intervento per porre rimedio è arrivato troppo tardi. Con questa sentenza il tribunale di Ivrea, nella persona della giudice Elena Stoppini, ha condannato a cinque anni e due mesi di reclusione Carlo e Franco De Benedetti, a un anno e undici mesi l’ex ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, mentre ha assolto Roberto Colaninno. I capi di imputazione vanno dal concorso in omicidio colposo alle lesioni e si riferiscono ai decessi avvenuti tra il 2008 e il 2013 di 10 operai, che hanno lavorato nella fabbrica tra gli anni Settanta e il 2000 e che sono stati colpiti da mesotelioma pleurico provocato dal contatto con le fibre di amianto.

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Carlo De Benedetti è stato ad e presidente della Olivetti tra il 1978 e il 1996 – Foto STR/AFP/Getty Images

Carlo De Benedetti, condannato illustre

L’inchiesta, aperta nel 2013, aveva portato la procura a chiedere la condanna per quindici imputati, tutti dirigenti e manager che negli anni Ottanta hanno preso parte alla gestione dello stabilimento di Ivrea. Ora, tredici di questi sono stati condannati. Tra gli imputati il più illustre è sicuramente Carlo De Benedetti, presidente del gruppo editoriale l’Espresso, chiamato in causa come amministratore delegato e presidente della fabbrica tra il 1978 e il 1996. Per De Benedetti la condanna, in particolare, riguarda sette decessi e due casi di lesione. L’ex presidente si è detto “amareggiato” per la decisione del tribunale e ha già annunciato il ricorso in appello: “sono stato condannato per reati che non ho commesso, come ha dimostrato l’ampia documentazione prodotta in dibattimento sull’articolato sistema di deleghe di gente in Olivetti e sul completo e complesso sistema di tutela della sicurezza e salute dei lavoratori, da me voluto e implementato fin dall’inizio della mia gestione”.

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Il primo stabilimento della Olivetti nel 1960 – Foto di Mondadori Portfolio via Getty Images

La caduta di Olivetti

I familiari delle vittime, enti, associazioni, sindacati che si sono dichiarati parte civile hanno ottenuto il diritto di avere un procedimento separato per la richiesta danni. Intanto Stoppini ha già richiamato al suo ruolo di responsabile civile la Telecom Italia, il gruppo che nel 2003 ha inglobato la Olivetti, ordinandole di risarcire le persone fisiche coinvolte con il pagamento immediato di una provvisionale del valore di 855mila euro e di versare 993mila euro nelle casse dell’Inail. I pubblici ministeri nel corso del processo hanno tracciato la “cesura” fra due Olivetti diverse, secondo quanto riportato dal quotidiano Il Manifesto: prima c’è stata l’impresa di Adriano Olivetti, “creatrice di macchine per scrivere vendute in tutto il mondo e modello di fabbrica umanista”, dove il lavoratore veniva prima di ogni altra cosa; quest’anima è stata sostituita dall’azienda degli anni Ottanta, quella dei finanzieri, che trascurò la salute e la sicurezza dei propri dipendenti.

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