Expo 2015

Slow Food. Il riscatto dell’Africa nasce dagli orti

Una rete di migliaia di orti familiari. Giovani e giovanissimi agricoltori con la volontà di creare realtà funzionali e concrete di agricoltura sostenibile. Questo è il futuro dell’Africa secondo Slow Food.

10.000 orti. Da qui inizierà il riscatto dell’Africa secondo Slow Food. Una rete che si estenderà dalla Siria fino al Mozambico, dal Sudafrica al Ghana. Comunità organizzate di contadini familiari che producono i propri semi e coltivano prodotti tradizionali, per il sostentamento della comunità e per l’acquisto di beni come medicinali o libri.

 

Sovranità alimentare. Utopia fino a qualche decennio fa. Realtà quotidiana e tangibile oggi. Sì, perché la comunità esiste già: 40.000 tra agricoltori, agronomi, produttori, spesso giovanissimi, che ha creduto nella possibilità di creare un’agricoltura sostenibile in questo vastissimo continente.

 

Secondo l’ong: “Fare 10.000 orti significherà avere entro il 2016 una rete di giovani leader africani che lavoreranno e guideranno a pieno titolo il movimento Slow Food in Africa”.

 

“L’idea di agricoltura di sussistenza, di agricoltura familiare è considerata oggi come anticha”, afferma Carlo Petrini. “Ma non c’è nulla di più sbagliato. L’agricoltura di sussistenza è l’economia primaria. La più importante”.

L’orto diverso. L’orto Slow Food si basa sull’agricoltura locale, sull’applicazione delle tecniche tradizionali unite alle nuove tecnologie, sulla corretta gestione delle risorse naturali. La zappa accanto allo smartphone. Il calendario delle semine scandito dalla radio. Il mercato contadino promosso tramite il web.

 

Cambia così il modello di agricoltura convenzionale, trasformandosi in agroecologia, dove biodiversità, etica, tradizione e tecnologia convivono creando intere comunità in grado di sostenersi a vicenda. Questa la vera rivoluzione africana.

 

“Realizzare un orto – conclude Petrini – significa permettere alla comunità di lavorare la terra per sfamare una scuola o una famiglia, ma soprattutto significa costruire una rete di giovani che prenderanno in mano il futuro del continente africano”.

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