Arte e alimentazione: la natura morta

La Galleria d’Arte Moderna di Bologna (GAM) presenta fino al 24 febbraio una mostra con 140 nature morte realizzate tra il 1870 e oggi che provengono da importanti collezioni internazionali pubbliche e private.

Cocomeri, mele, conchiglie, uova, teschi, pesci, fiori e
strumenti musicali sono tra gli oggetti più comunemente
raffigurati nelle nature morte. Sono oggetti quotidiani, fermi,
silenziosi e apparentemente piuttosto banali. Ma proprio per queste
caratteristiche sono soggetti adatti per essere interpretati,
trasformati e composti secondo lo spirito dell’epoca.
E sono stati proprio i periodi delle grandi trasformazioni
stilistiche, cioè dall’impressionismo in poi, quelli in cui
la natura morta ha conosciuto i suoi momenti particolarmente
felici.

Di Vincent Van Gogh è esposto un vaso di fiori con malve di
diverse tonalità rosse. Si tratta di rossi molto intensi che
ricordano il sangue; e accade che questo soggetto floreale, di per
se stesso innocuo, assuma un aspetto drammatico. Molto diversi i
vasi con fiori del grande surrealista Max Ernst: due vasi
completamente trasparenti su fondo nero sono di grande impatto
visivo. I fiori e le piante dentro i vasi sono raffigurati come
degli esseri viventi che si cercano tra di loro.

La natura morta era un soggetto molto amato anche da Giorgio de
Chirico. Sul largo davanzale di una finestra ha composto frutta
stramatura di tutti i tipi in grande abbondanza. Questi soggetti
vicino al deterioramento si fondono con un paesaggio rurale
ventoso. Si tratta di un quadro che de Chirico ha dipinto molti
anni dopo il suo famoso periodo metafisico, con pennellate mosse
che esprimono un senso di precarietà e di inquietudine.

Per gli artisti della Pop Art gli oggetti che parlano della vita
quotidiana e del consumismo sono al centro dell’attenzione. Molti
di loro hanno come soggetto cibo come frutta o un pollo arrosto.
Tutto è dipinto con colori squillanti come se si trattasse
di materiale in plastica. Questi artisti che lavoravono negli anni
sessanta/settanta avevano già sviluppato una
sensibilità per problematiche che trent’anni più
tardi diventeranno di grande attualità.

Rita
Imwinkelried

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