Federico Zampaglione, la musica è divertente

Federico Zampaglione, Tiromancino. Entra, e, chitarra al collo, inizia a strimpellare accordi girovagando per lo studio? poi con un sorriso si siede al piano (un Berlin) e attacca con un blues da saloon del lontano West. In silenzio mi siedo, infilo le cuffie e lo guardo mentre suona aspettando che finisca?

Intervista Federico Zampaglione

 

Ciao Federico, grazie per questa cosa fatta al
piano…

E’ un bel piano…

 

Dieci anni di carriera (“carichi di emozioni e di
ricordi”), dal successo di “Due destini” a “Per me è
importante”. Come e quando la decisione di fare la raccolta
“95-05”?

In questi ultimi anni abbiamo fatto tre dischi: “La
descrizione di un attimo”, “In continuo movimento” e “Illusioni
parallele”. Probabilmente ho sentito il bisogno di legare queste
tre produzioni alle cose del passato, a sperimentazioni fatte agli
inizi. Credo che il pubblico ci conosca attraverso i singoli che
sono passati alla radio o alla Tv con i video, quindi mi piaceva
mettere in evidenza nella raccolta il lato più sperimentale,
più psichedelico se vuoi, che è fondamentale per la
nascita e la crescita del progetto Tiromancino. L’occasione per
unire ciò che più è rappresentativo, in un
unico disco.

 

Si nota il timbro originale in tutti gli album di
Tiromancino, però c’è stata una virata, dal rock
più sperimentale sino alla “Descrizione di un
attimo”…

Sì, anche se poi riascoltando gli altri album, vi sono
brani di musica più elettronica, dove si dà
più spazio ad ambienti sonori piuttosto che ad una vera e
propria forma “canzone”… Credo che l’importante sia
mantenere una certa spontaneità quando si crea musica, non
farsi condizionare troppo dai pregiudizi o ripercorrere troppo le
tracce del passato, è anche bello cambiare.

 

Ci puoi parlare del rapporto lavorativo che ha avuto e
che hai con tuo padre?

Mio padre mi ha sempre motivato, è sempre stato un
consigliere per me… Mi capitava di tornare a casa e vederlo
che girava intorno ad un accordo o ad una sequenza di accordi e poi
insieme sviluppavamo il concetto da li.

Nel caso di “Amore impossibile”: torno a casa una sera e lo
vedo seduto al piano che faceva… (imita la versione paterna
molto, molto lenta e struggente). E mi disse: “Federico, che ne
pensi di ‘sta melodia?”. A me era piaciuta molto, allora mi sono
messo a scrivere le altre strofe dandole poi un arrangiamento un
po’ più reggaeggiante, per renderla più fresca e
piacevole all’ascolto. Mi sono divertito come un pazzo! La cosa
più divertente era guardare la sua faccia quando riascoltava
i pezzi totalmente stravolti dalla sua composizione iniziale.
Abbiamo fatto cinque pezzi insieme, per me è stato un sogno
che si realizzava, perché vedere i nostri due nomi vicini
sulla firma del brano è stata una soddisfazione inaspettata
ed enorme.

 

In questa raccolta hai anche la collaborazione di due
donne, personalità del calibro di Meg e Elisa. Come è
stato lavorare con loro?

Divertente, stimolante… e poi devo dire che le donne
hanno delle intuizioni, anche a livello di arrangiamenti, geniali;
sentono molto il ritmo e seguono anche l’aspetto sensuale della
musica.

In più, loro due hanno personalità molto
diverse. Elisa è più eterea, per così dire,
più sospesa; mentre Meg è ancorata per terra, ha un
grande senso del ritmo. E’ stato un connubio molto
stimolante.

 

C’è un’altra donna, Alice, che ti ha dato
l’ispirazione per il video di “Un tempo piccolo”, il tuo video
d’esordio come regista. Racconta come è
successo…

Era durante un concerto nel nord Italia, un’estate in cui la
pioggia e il mal tempo sono stati protagonisti… Atmosfera da
sospensione, in un posto surreale accerchiato da inquietanti
fabbriche – e io mi chiedevo come mai fossimo finiti
lì… A fine concerto alcune persone stettero
lì, in attesa di salutarci, di un autografo. Mi avvicinai
alla transenna, e sento una vocina: “Ho un’idea per un video per
te”. E c’era questa ragazza che mi racconta una storia in due
parole: c’è questo bambino che insieme al nonno costruisce
un’astronave da pezzi di lamiera e rifiuti trovati in una discarica
ispirandosi a un disegno fatto dal bimbo stesso. Mi sembrava molto
semplice, quasi una favola. Però mi ci sono rivisto. Mi
ricordo quanto fosse straordinario a quell’età pensare di
fare qualcosa con le tue mani che potesse essere utile, o
addirittura volare! Poi c’è anche un discorso di passaggio
generazionale, perché il sogno del bambino diventa anche il
sogno del nonno. Così, quest’idea è cresciuta in me.
E ho pensato di realizzarla io stesso. Quindi, con le mie idee
unite a come se l’era immaginato Alice (la ragazza), lo abbiamo
girato.

 

Nell’ultimo disco ci sono anche Lucio Dalla, Dj
Ciaffo… quanto era importante dare ai lavori di Tiromancino
una pennellata del colore di altri pittori?

Tantissimo, la musica è scambio, è
collaborazione. Nel momento in cui si smette di avere a che fare
con altri musicisti si inizia anche un po’ a calare artisticamente,
perché alla fine ci si fossilizza sulle proprie idee, sulle
proprie visioni. Invece lo scambio porta ad aprirsi a certi
orizzonti, a connettersi con dei moduli espressivi o con delle
frasi che non sono “le tue”. Da li ha inizio un percorso che serve
ad arricchirti. E quindi ho voluto dare spazio ad alcune di queste
collaborazioni. Ad esempio, “Strade”, con Riccardo Senigallia, che
è un brano che ogni volta che lo sento mi sento una cosa nel
cuore, perché è stato il pezzo con cui siamo andati a
San Remo e da lì si è aperta un nuovo corso per la
band… Poi c’è “Come è profondo il mare” con
Lucio Dalla che era per la colonna sonora di “Paz”, un film di
Renato De Maria sulla storia del grandissimo Andrea Pazienza. Poi
Dj Stile, Ice One, e in uno degli inediti c’è lo
straordinario Dj Ciaffo che collabora anche con Graf e secondo me
è un grandissimo talento del vinile.

 

La terra vista dalla Luna (titolo di una canzone
dell’album “Illusioni parallele”) ci sembra più piccola e
fragile di quello che notiamo da qua?

Be’, sì, credo proprio di sì…

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