Si chiamava Saly, aveva cinque anni. Nello scatto vincitore del World press photo 2024, il concorso di fotogiornalismo più importante al mondo, non si vede un centimetro del suo corpo senza vita. E non si vede nemmeno il volto della zia, Ines Abu Maamar, che lo stringe forte a sé. Mohammad Salem, fotografo dell’agenzia Reuters,
Fritjof Capra. Il Tao in noi
Ha trovato un collegamento tra la fisica quantistica e l’antica saggezza orientale. Ha dimostrato una sostanziale armonia tra le concezioni più disparate, è Fritjof Capra.
Laureato in fisica all’Università di Vienna, ricercatore nel campo della fisica delle alte energie, Fritjof Capra è stato il primo a esplorare i legami tra scienza, implicazioni filosofiche e matrici di sapienza antica.
È l’autore de Il Tao della fisica (1975). Il libro ha venduto un milione e mezzo di copie in tutto il mondo, tradotto in oltre ventiquattro lingue.
È l’uomo che ha letto un testo cinese del 1200 d.C. intravedendone una spiegazione del bootstrap quantistico.
È l’uomo che ha messo a confronto gli scritti di Oppenheimer con quelli delle Upanisad (i libri indiani più antichi del mondo).
È il pensatore che trent’anni fa (Il punto di svolta, 1982) ha preconizzato l’arrivo dell’attuale crisi energetica, l’iperbole dell’epoca dei combustibili fossili. E ha desunto dall’irrigidirsi delle strutture sociali e valoriali l’indizio dell’emergere di “nuovi modelli di evoluzione culturale”.
Il Tao della fisica. Il punto di svolta. La rete della vita e La scienza della vita: dopo aver dato alle stampe un libro ogni otto anni, ognuno fondamentale, basilare, storico, negli ultimi anni si è dedicato a nuove rêveries culturali. Ha fondato il Center for Ecoliteracy a Berkeley in California, si è dedicato a spiegare ai bambini i cicli della natura attraverso la coltivazione di orti scolastici (Ecoalfabeto, 2006) e ha rivisitato il genio di Leonardo Da Vinci come pioniere dell’olismo (con i volumi La Scienza di Leonardo, 2007, e col fresco di stampa La Botanica di Leonardo, per i tipi di Aboca).
Tutto a partire da un’illuminazione poetica del 1970, trascritta nella storica introduzione a Il Tao della Fisica:
In un pomeriggio di fine estate, seduto in riva all’oceano, osservavo il moto delle onde e sentivo il ritmo del mio respiro, quando all’improvviso ebbi la consapevolezza che tutto intorno a me era parte di una gigantesca danza cosmica. Essendo un fisico, sapevo che la sabbia, le rocce, l’acqua e l’aria erano composte da molecole e da atomi in vibrazione… ma fino a quel momento ne avevo avuto esperienza solo da grafici, diagrammi, teorie matematiche. Sedendo in quella spiaggia, le mie esperienze presero vita. ‘Vidi’ scendere dallo spazio cascate d’energia; ‘vidi’ gli atomi degli elementi e del mio corpo danzare; percepii il ritmo, ne sentii la musica. E in quel momento seppi che questa era la danza di Shiva, il dio dei danzatori”.
C’è un ritmo – sembra suggerirci – un’onda, una tonalità indefinibile e sfuggente comune a tutta l’esistenza. Ricorre negli elementi subatomici della fisica quantistica, in natura, nelle galassie, nelle antiche sapienze orientali. Che è stata intercettata o intuita dai pensatori illuminati d’ogni epoca e dai ricercatori delle frontiere scientifiche più avanzate, e risuona sempre alla base della vita, di ogni vita, di ogni essere. In noi.
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