HashtagS: la web serie di Red Bull Music Academy

Una nuova serie di mini-documentari dedicati alla musica digitale che nasce e cresce sul web. A partire da mercoledì 29 gennaio sul sito della Red Bull Music Academy.

Ci sono alcuni simboli tipografici che, fino a pochi anni fa,
dicevano veramente poco alla maggior parte di noi. Prendiamo, per
esempio, il carattere “@”. Usato già nel VII secolo d.C. dai
mercanti veneziani, nel tempo è stato utilizzato
esclusivamente in documenti commerciali, per poi diventare uno dei
caratteri più conosciuti e usati della rete solo pochi anni
fa.

Stessa cosa il carattere “#”, o hashtag. Chi ha cominciato a usare
internet negli anni Novanta, ricorderà che questo simbolo
era già utilizzato da Internet Relay Chat (IRC), la prima
forma di comunicazione istantanea. Il cancelletto serviva qui per
creare i cosiddetti canali, luoghi virtuali identificati da un nome
in cui confluivano tutti gli utenti accomunati da un certo tipo di
interesse o dal luogo di provenienza. Da allora l’hashtag ne ha
fatta di strada: rispolverato nel 2007 da un utente Twitter che ne
riproponeva l’uso nel social network di nuova generazione, nel 2009
Twitter stesso introduce il collegamento ipertestuale a tutti i
messaggi che citano la stessa parola chiave preceduta da #; varcati
i confini di Twitter, usare l’hashtag è diventata
un’abitudine anche in altri social come Facebook,
Pinterest e Instagram.

La consacrazione è arrivata qualche giorno fa: il termine
hashtag è stato eletto vocabolo più popolare del 2012
dall’associazione americana American
Dialect Society
. E’ assolutamente indubbio che l’uso
di questa parola sia cresciuto nel tempo e che nell’ultimo anno
abbia veicolato novità politiche, culturali e sociali di
ogni tipo, diffondendole virtualmente nella rete fino a farle
arrivare ai media tradizionali. La grande forza dell’hashtag
è, esattamente, quella di dare agli utenti dei social la
possibilità di interagire con altri utenti con gli stessi
interessi, discutere di argomenti specifici andando a formare una
collettività di tipo planetario e, perché no, creare
essi stessi una tendenza, piuttosto che seguirne una. La chiave
è proprio questa: creare. Creare nuovi modi di far viaggiare
un’informazione, ma soprattutto creare un’informazioni nuova nella
forma.

Forse è per questo che la Red Bull Music
Academy
ha deciso di intitolare proprio
HASHTAG$ il suo nuovo progetto: una serie di mini
documentari che andranno a indagare a fondo il fenomeno delle nuove
forme d’arte musicale che nascono sul web. Ogni
mercoledì
, a partire dal 30
gennaio
fino alla fine di marzo, sul sito dell’Academy,
puntata dopo puntata HASHTAG$ andrà alla scoperta non tanto
di quella musica che ancora oggi è costruita e promossa in
modo tradizionale e che ha comunque trovato un buon veicolo nella
rete, ma indagherà soprattutto su quelle forme musicali che
attecchiscono, germinano ed esplodono sulle nuove piattaforme
internet come Souncloud, Youtube
o Tumblr, senza passare da radio e televisione e
fatte da artisti che, a volte, non hanno neppure un’etichetta
discografica.

Inoltre HASHTAG$ seguirà da molto vicino band come
How to Dress Well, Flying Lotus e
Flatbush (esse stesse forti debitrici nei
confronti del web), parlando con loro delle nuove tendenze musicali
sia dal punto di vista del consumo di musica (internet permette a
ogni persona di poter ascoltare di tutto), ma anche del modo in cui
la musica stessa sia cambiata, grazie all’abbattimento di ogni
confine di genere: una nuova musica non più stabile,
monolitica o unica, ma sempre in evoluzione e in continuo
svolgimento, tanto da non poter essere nemmeno più
etichettata. Ed è a questo punto che, forse, non basteranno
nemmeno più questi “hashtags”.

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