Tibet al cinema

Interessante vedere oggi come il Tibet percorra il nostro cinema, la nostra musica, il nostro immaginario collettivo. alcuni films consigliati da noi

A partire dal 1989, la situazione del Tibet comincia a esser
conosciuta meglio da tutti. Interessante vedere oggi come il Tibet
percorra il nostro cinema, la nostra musica, il nostro immaginario
collettivo.

Il cinema.
Di film sul Tibet e sul Dalai
Lama, ce n’è una bella serie. Molti documentari, citiamo
solo… uno del 1993, di Mickey Lemle, Compassion in Exile, e
il doloroso Tibet: Cry of the Snow Lion (2002, di Tom Piozet),
sull’oppressione e la resistenza – e quella che forse ad oggi
è la storia meglio raccontata e meglio montata sul Dalai
Lama, Rick Ray, 2006, 10 Questions for the Dalai Lama, un’onda di
immagini di viaggio tra India e Tibet e rarissimi footage
d’archivio, che ridà un intimo e dettagliato ritratto del
“semplice monaco” che tutto ha vissuto, tranne che una vita
semplice…
Khashyar Darvich firma il docu-film del 2007 Dalai Lama
Renaissance, con la voce narrante di Harrison Ford a raccontare il
dramma del Tibet.
In Dai molti nomi di Paola Fouce, emozionante, anzi, come l’hanno
definito, “illuminante, fa aprire gli occhi, affascinante”, pur
essendo un documentario sulle molte religioni, emerge lui, come
protagonista.
– Del 1997 è Kundun, opera di Martin Scorsese. Film insolito
per il grande cineasta – la vita del Dalai Lama in un affresco che
nessuno si sarebbe sognato di raccontare, fatto solo come un grande
maestro può fare (una scena fra tutte: l’incontro con Mao).
Grandioso.
– L’atmosfera del Tibet ce la fa invece vivere realisticamente 7
anni in Tibet di Jean-Jacques Annaud, con Brad Pitt che tocca con
mano l’essenza e la pratica della filosofia buddista.
– Per maggio 2008 è prevista l’uscita del film Buddha, una
biografia dell’illuminato, basata su un libro di Thich Nhat Hanh.
Su questo film, il Dalai Lama ha steso un augurio di fortuna, e –
soprattutto – s’è rimboccato le maniche collaborando alla
revisione della sceneggiatura.

La musica.
Mark Isham, Philip Glass, Peter
Gabriel, con i loro suoni esplorano le dimensioni perdute del
Tibet. Uno per firmare il video della Windham Hill; uno la colonna
sonora di Kundun, di Martin Scorsese. Uno recuperando con la Real
World i canti dei monaci.
Un concerto con Tom Waits e Philip Glass è stato promosso da
Richard Gere con il progetto Healing The Divide (guarire le
divisioni), un tributo alla causa del Dalai Lama – nel CD
c’è anche la sua voce, il suo saluto augurale.

Le campagne mondiali.
Nascono in tutto il
mondo gruppi di supporto alla causa del Tibet e istituti;
ricordiamo solo per l’Italia l’Associazione Italia-Tibet, il Ghe
Pel Ling di Milano, l’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia, in
Toscana.
Il Dalai Lama continua a incontrare rappresentanti dei governi, dei
parlamenti e delle istituzioni mondiali. Ogni tanto i governi
rifiutano di prender posizione. Forse cedono alle minacce o ai
ricatti del governo cinese, nel timore di perdere quell’immenso
mercato, di importazioni ed esportazioni. Però, pronunce di
condanna della Cina da parte di singoli governi, del Parlamento
Europeo, delle Nazioni Unite, ci sono state. Oggi conosciamo la
causa tibetana grazie anche alle campagne di Amnesty International
sia per la liberazione del piccolo Panchen Lama, sia contro le
violazioni dei diritti umani, civili e religiosi in Cina.

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