L’arte: per essere più umani

Arte, dunque, come traghettatrice verso un territorio dove le regole sono diverse dalle consuete, poco note o addirittura sconosciute.

L’arte dice l’indicibile, offre espressione a ciò che non
ha accesso alla parola,
perché la trascende, perché non si lascia catturare
dalle sue strette maglie, le maglie grammaticali, sintattiche,
lessicali, che deformano e riformano, per adattare ad una
forma-altra precostituita.

Ogni parola è necessariamente un pregiudizio: una
categorizzazione concettuale della realtà.
Il linguaggio artistico allarga le possibilità del
comunicabile
, oltrepassando la dimensione del
significato, e accedendo a quella del senso, puntando quindi sulla
dimensione
evocativa
, sinestesica; agendo come fonte di intuizioni;
fecondando l'”uomo intero”, pronto a partorire nuove visioni di
sé.

“Ciò di cui non si può parlare bisogna tacere”,
sosteneva Wittgenstein. A questo, Eco rispondeva: “Ciò di
cui non si può teorizzare, bisogna
narrare
“. Esistono dunque espressioni vive
dell’indicibile, sue trasformazioni alchemiche in forme molteplici.
E dove vi è autenticità espressiva, lì
s’annida la potenzialità
artistica
.

L’arte porta l’immagine trasformata della realtà, sottoposta
al filtro dell’umano.

Crediamo che l’arte possa essere riconosciuta per la sua
capacità di moltiplicare i mondi, attraverso quella che
Hillman
definisce la base poetica della mente, una “redenzione della psiche
dal suo pedestre realismo, un risveglio del cuore che immagina,
delle sensibilità, delle intimità, dei ricordi”.

L’arte porta all’uomo il poetico. Rileggendo Kierkegaard:
“La cosa fondamentale è mettere in tutti i modi il poetico
in rapporto alla vita, esercitando un potere magico, far
scintillare all’improvviso uno sprazzo di luce inaspettata…”.

Ciò significa affermare che il poetico ha una funzione
reale…

Ciò significa affermare che il poetico ha una funzione
reale. Non soddisfa un semplice piacere esteriore, effimero, che
elude oziosamente il pragmatismo della vita. La vita è anche
dimensione poetica, e l’arte può svelarla.

Non riconoscere il
poetico
come parte dell’umano, porta ad una scissione
e ad una riduzione dell’uomo a frammento, ad arto, conducendo
l’essere al a della pura materialità: superstizione della
materia.

L’arte propone un linguaggio vivo, non alienato dalle componenti
affettive e spirituali dell’umano. Un linguaggio che non si riduce
a puro intelletto: linguaggio del pensiero e pensiero del
linguaggio. L’arte aggiunge il soggetto alla comunicazione.
L’arte conserva fortemente l’aspetto analogico, che permette una
rappresentazione del sottile, dello sfumato, del dinamico.
Così conserva traccia della pluralità, della
molteplicità, aprendo la possibilità ad un pensiero
complesso, che non si arrende a forme stereotipate e
unilaterali.

L’arte apre voragini di senso.

Arte, dunque, come traghettatrice verso un territorio dove le
regole sono diverse dalle consuete, poco note o addirittura
sconosciute. Canale d’accesso, che sviluppa importanti
facoltà umane:

  • l’agire all’interno di mutamenti repentini, che permette di
    adattarsi meglio alla dimensione del reale: “sei più
    accessibile al mondo e il mondo è più accessibile a
    te”. Dall’adeguarsi – che comporta una privazione dell’IO –
    all’adattarsi, rendersi cioè “adatti a”;
  • la possibilità di diventare attore, di portare
    innovazione e mutamento, in una situazione non passiva;
  • la sospensione del tempo storico, dove il prima e il dopo
    cronologici vengono superati, per far emergere la dimensione del
    DURANTE; questo in una situazione in cui la soglia tra mondo
    interno e mondo esterno è più sottile. Ciò
    richiede un IO cosciente, che diriga le nostre azioni e torni a
    percepire il tempo biologico, il tempo delle cose vive.

L’azione è sempre del presente, perché “a
può fermare la forza maestosa degli atti”.

Ivan
Sirtori
, Emilio
Giossi

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