La mitica Mehari ritorna, colorata e stravagante. Ma con un’anima elettrica

Da sempre simbolo di libertà, semplicità, spensieratezza, la Citroën Mehari per anni è rimasta il sogno di molti appassionati, tutti lì in attesa che tornasse, un po’ come la 2CV. Ve lo avevamo anticipato mesi fa, adesso, finalmente proprio in questi giorni una delle vetture più stravaganti della storia è tornata. L’originalità è rimasta, insieme alla

Da sempre simbolo di libertà, semplicità, spensieratezza, la Citroën Mehari per anni è rimasta il sogno di molti appassionati, tutti lì in attesa che tornasse, un po’ come la 2CV. Ve lo avevamo anticipato mesi fa, adesso, finalmente proprio in questi giorni una delle vetture più stravaganti della storia è tornata. L’originalità è rimasta, insieme alla voglia di rompere gli schemi, di essere diversi, di godere il viaggio in modo semplice e istintivo. Anzi, la E-Mehari, nei concessionari in questi giorni dopo una gestazione più lunga del previsto, ha fatto di più; è rimasta sfrontata e irriverente, colorata e “plasticosa” come l’originale. Ma ha aggiunto un’anima contemporanea e sostenibile, elettrica.

 

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Giusta giusta per l’estate

Realizzata da Citroën in collaborazione con Bolloré, azienda specializzata nella realizzazione di veicoli elettrici, la reincarnazione 2.0 della Mehari arriva in questi giorni dai concessionari, al prezzo di 25.990 euro, non proprio l’auto economica che debuttava alla stampa nel 1968, nella confusione di una Parigi in fiamme per il Maggio francese (era il culmine delle agitazioni Sessantottine).

 

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L’originale nasceva nel 1968

Alle origini era stata pensata come un veicolo per il lavoro e per il tempo libero, uno dei primi esempi di “trasformismo modulare” capace com’era di mutare da berlina quattro posti a cabriolet, ma anche in un quasi pick-up da caricare a piacere. Oggi è elettrica, non inquina, non fa rumore. Nel 1968 aveva il motore della Dyane 6 e una carrozzeria in plastica dai colori sgargianti: Citroën costruì la Méhari per molti anni, dal 1968 al 1987, fino a toccare i 144.953 esemplari, oggi tutti ricercatissimi e molto apprezzati dai collezionisti.

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Semplice ma tecnologica

Certo, allora era un’auto economica. Ma la tecnologia ha il suo prezzo e, come tutte le elettriche, anche la E-Mehari paga il prezzo dei piccoli numeri e di batterie ancora troppo costose. Il concetto però è rimasto aderente alle origini: una gamma molto semplice, un solo livello di allestimento. Unico optional, il climatizzatore al quale, per coerenza storica (e ambientalista, visto che riduce di molto l’autonomia elettrica) bisognerebbe saper rinunciare.

 

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200 km di autonomia e batterie in “affitto”

Basta e avanza il silenzio della trazione, i 110 km/h di velocità massima e la tecnologia dell’impianto hi-fi con Bluetooth a sottolineare che di tempo, dall’originale, ne è passato…  Per il resto la carrozzeria è sempre in materiale plastico, i colori sono diventati quattro (due le varianti cromatiche per il tetto) e il montaggio della  capote, del lunotto e dei finestrini (tutti richiudibili in un vano sotto chiave, segno dei tempi…), è diventato più facile e veloce.

E se, tornando dalla spiaggia, porterete sabbia e polvere a bordo, nessun problema: i rivestimenti interni si lavano in 5 minuti con un secchio d’acqua e una spugna. La E-Mehari però è anche un’auto innovativa, monta una batteria (si noleggia a 87  euro al mese) con una capacità di 30 kWh e un’autonomia dichiarata di 200 km. Per una ricarica servono 13 ore dalla presa di casa oppure 8 ore dalla colonnina.

Leggera e di plastica: l’idea venne a un nobile

E non siate stupiti se a costruire la E-Mehari oggi è una piccola azienda (La Bolloré) e non la Casa francese. Sappiate che anche qui la storia, seppur riletta, si ripete: l’idea della Méhari infatti anche allora non venne a Citroën, ma al conte Roland Paulze d’Ivoy de la Poype, eroe di guerra e imprenditore della plastica (la sua azienda forniva già cruscotti e pannelli per alcuni modelli Citroën).

Un dubbio rimane: la Méhari nella sua lunga carriera divenne un’icona di stile ma – pochi lo sanno – grazie alle versioni a trazione integrale si fece paracadutare sui fronti di guerra insieme alle truppe d’assalto dell’esercito francese e partecipò, seppur come mezzo di supporto, anche alla Parigi-Dakar. Riuscirà la sua elettrizzante erede ad eguagliarla? Difficile.

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