La campagna di Neil Young contro Monsanto non è finita

Il 16 giugno scorso è uscito l’ultimo album di Neil Young, The Monsanto Years, un chiaro atto di protesta contro il gigante chimico leader nello sviluppo di sementi geneticamente modificati e pesticidi. Ma la sua campagna non è finita. Da pochi giorni è, infatti, uscito un mini-documentario di dieci minuti dal titolo Seeding Fear, prodotto

Il 16 giugno scorso è uscito l’ultimo album di Neil Young, The Monsanto Years, un chiaro atto di protesta contro il gigante chimico leader nello sviluppo di sementi geneticamente modificati e pesticidi. Ma la sua campagna non è finita. Da pochi giorni è, infatti, uscito un mini-documentario di dieci minuti dal titolo Seeding Fear, prodotto dal cantautore canadese.

 

 

Il film è diretto da Craig Jackson e realizzato dalla Shakey Pictures, società di produzione cinematografica dello stesso Neil Young. Racconta le vicende di un anziano agricoltore dell’Alabama, che Monsanto ha portato in giudizio nel 2003 per aver liberamente utilizzato semi di soia geneticamente modificati e coperti dal brevetto dalla multinazionale.

 

Il minidocumentario riprende le vicende del figlio dell’agricoltore, Michael White – già raccontate nel libro Seeds of reprisal: Monsanto vs Michael White – per far valere la voce dei piccoli agricoltori americani citati da Monsanto per violazione di copyright.

 

Michael White nel documentatio afferma:

È dura accompagnare tuo padre, che ha più di ottant’anni e si muove a fatica e solo con un carrello per la deambulazione, in un tribunale in cui se la deve vedere con una squadra di avvocati che indossano completi da mille dollari e hanno fatto causa per migliaia di dollari a un uomo che ha fatto la guerra combattendo per la libertà di questo Paese.

E ancora:

Anche dopo la chiusura della causa gli ho fatto credere che non fosse finita. Altrimenti avrebbe pianto e continuato a dire: ‘Oh, torneranno e mi denunceranno di nuovo’. Hanno distrutto la sua vita. Morì ancora con la paura di Monsanto.

 

Lo stesso Neil Young ha rilanciato il documentario dalla sua pagina Facebook, con queste parole:

Monsanto è una società molto potente che ad oggi controlla oltre il 90 per cento delle colture di soia e mais in America. Aziende a conduzione familiare sono state sostituite da gigantesche aziende agricole (…) Questa è una storia che vi porterà via solo dieci minuti del vostro tempo. È una storia semplice, che spezza il cuore: quella di un uomo che ha combattuto il colosso aziendale Monsanto, e spiega bene le motivazioni che mi hanno portato a scrivere The Monsanto Years.

 

Ma la risposta ufficiale di Monsanto non si è fatta attendere. Un rappresentante della multinazionale – tramite comunicato ufficiale alla rivista americana Rolling Stone – respinge le accuse di White e Young, sostenendo che il signor White non descriva gli avvenimenti in modo trasparente: White avrebbe, infatti, ammesso di aver consapevolmente e illegalmente seminato, fatto crescere, conservato e rivenduto i semi di soia Roundup Ready, e che questo è documentato negli atti del processo, aggiungendo:

 Anche se hanno ottenuto parecchia attenzione mediatica, le controversie tra Monsanto e agricoltori che piantano semi senza acquistare il brevetto sono in realtà molto rare. Ogni anno, centinaia di migliaia di agricoltori piantano i nostri semi. E dal 1997, anno in cui abbiamo iniziato a cercare di proteggere i brevetti sui nostri semi, siamo andati a processo con una frazione pari all’uno per cento di quei clienti (…) Quel che ha fatto il signor White è paragonabile a piratare un disco, produrne migliaia di copie e venderle – sapendo che ciò è illegale e che costituisce un comportamento criminale.

 

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