
Per trovare il nostro pensiero non dobbiamo seguire i condizionamenti sociali, ma rimetterli in discussione. Ci sono due tipi di arte: quella che genera piacere e quella che genera felicità.
Marco Sampietro realizza un calendario nel 2007, “Women Kisses”, per presentare in seguito “Muses”.
Dopo gli Story-Board di Marco Sampietro del 2005, che
rappresentavano con ritagli fotografici dello stesso frammenti di
storie di donne, di amori e di profonde riflessioni sui rapporti,
nacque la mostra “Frames” del 2006, che vede il debutto dei suoi
lavori acidati – dedicati interamente al panorama delle donne.
Su quest’ispirazione realizza un calendario nel 2007, “Women
Kisses”, per presentare in seguito “Muses”, un’altra mostra che ci
rivela l’importanza delle muse, a volte anche nascoste e celate,
che fanno da propulsione a una miriade di uomini o progetti…
Insomma un tributo alle donne, “muse del motore della vita”.
Procedendo da un’analisi serrata dei fondamenti concettuali del
matriarcato, in particolare dai concetti di “donna-nascita-vita”,
il processo all’incoronazione della donna è da considerarsi
come unica conseguenza, basandosi sulla riflessione collaterale
della fragilità dell’uomo che inerme osserva, sempre
più impaurito, l’avanzata di queste “Acid queens”.
“Acid queens” è l’ultimo progetto sviluppato da Marco
Sampietro, che vuole proporre una lettura alternativa simbolica
dove sono rappresentate creature dolci e sensibilmente riflessive
quanto decise e fortemente determinate.
La difficoltà è qui nell’esporre con pienezza uno
sconosciuto interiore che diviene paesaggio extra-umano, assumendo
sembianze oniriche che vanno oltre la forma essendo un’orma di
deriva, oltre la quale si parte verso una sorta di viaggio
interiore.
Riflessioni ambigue distinguono l’importanza del dialogo tra
quotidianità buia e tagli di acida luce che mettono a nudo
la forza di una donna sempre più importante, sempre
più regina del nostro contemporaneo.
Da quest’idea derivano lavori che si specchiano con il
contemporaneo, dove l’immagine si chiude in se stessa per far
fuoriuscire l’elemento appena riconoscibile tra gli scorci
giallo-acido e le emersioni dal buio.
Un significativo spaccato tra l’incoronazione della donna e la
denuncia delle paure dell’uomo che subisce queste nauseanti,
desolate acidità.
Sono presenti in mostra 8 Pvc, 16 stampe da pellicola acidata e
alcuni story-board attraverso i quali l’artista testimonia la
partenza della ricerca che ha condotto inesorabile allo sviluppo
del progetto “Acid queens”.
La mostra-evento è completata con un video-documento
girato durante la performance dell’artista che chiude il cerchio
intorno al messaggio della mostra.
Alessia Boldoni
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