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Piace definirsi un avventuriero, Alex Bellini, classe 1978. E di avventure estreme ne ha certamente vissute, non ultima l’attraversata del Pacifico in barca a remi, in solitaria.
Piace definirsi un avventuriero, Alex Bellini, classe 1978. E di avventure estreme ne ha certamente vissute, non ultima l’attraversata del Pacifico in barca a remi, in solitaria. 18mila chilometri tra incontri fiabeschi, straodinari, che pochi possono raccontare, pericoli quasi fatali ed emozioni dai forti contorni spirituali. Ecco il suo racconto, raccolto al Gardaland SeaLife Aquarium,in occasione della Giornata mondiale delgli oceani.
Quali sono i ricordi più vivi di questo viaggio, che meglio ricordi, raccontati attraverso i 5 sensi? Iniziamo con la vista.
Ho visto per lo più orrizzonti piatti, che mi hanno seguito ininterrottamente per quei dieci mesi di attraversata. A parte quando il mare si agitava. Per lo più ero spinto a raggiungere il nuovo orrizzonte che avevo di fronte.
Il gusto?
Sembra strano, ma mi viene in mente il gusto dell’acqua pura che riuscivo a bere, dissalando quella del mare grazie ad un dissalatore. Ho l’immagine potente di quest’acqua limpida che il mare mi dava.
Il tatto?
Sicuramente il contatto con i remi. L’unico mezzo di propulsione che avevo a disposizione. Stringendoli sentivo l’energia pervadermi
lungo le braccia e poi lungo tutto il corpo.
L’udito?
È legato sicuramente al rumore del mare, al respiro profondo del mare, sempre presente anche nei momenti più silenziosi. Un rumore che ti segue sempre. Dalla mia barca riuscivo a percepire le variazioni di vento e quindi capivo se le condizioni stavano per cambiare.
Infine l’olfatto.
Forse il senso con i ricordi meno piacevoli e meno vividi. Ad esempio ricordo che sentivo l’odore delle grandi barche che si avvicinavano. L’odore di vernice fresca, che in qualche modo ti metteva in contatto con la terra ferma.
Qual è stato il giorno più bello e quello più difficile?
Paradossalmente si sovrappongono. Sicuramente il più brutto è stato quando lo sconforto e lo scoraggiamento parevano aver preso la meglio, tanto da voler scomparire da quel luogo e da quel tempo. Il momento successivo però, quando tornavo sui remi, concentrandomi su quello che dovevo fare e che dovevo portare a termine, è stato il più bello.
Un modo per ritrovarsi, conoscersi?
La mia volontà non era quella di provare i miei limiti, ma quella di conoscermi più da vicino. E come si fa se non costringendoti a vivere in condizioni difficili? Il mare ha rappresentato una strada che mi ha portato molto vicino alla persona che ero. Ti scopri in una maniera inedita. Ti sbarazzi di certi pesi, di certe maschere che spesso portiamo.
L’incontro più straordinario?
Sicuramente quello avuto con tre balene gigantesche, che hanno nuotato con me per un tempo indefinito, in lungo e in largo. E mi ricordo che l’ho vissuto col fiato sospeso, per paura di rompere questo incantesimo.
La prossima avventura?
Sopravvivere su di un iceberg fino al completo scioglimento. Una sorta di avventura passiva. Rappresenterà metaforicamente un uomo alla deriva, il genere umano alla deriva su questo pianeta sofferente.
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