
Le comunità energetiche rinnovabili sono indispensabili per la transizione ecologica e hanno vantaggi ambientali, economici e sociali. Ecco come funzionano.
Ad oggi il 56% del fabbisogno totale di energia elettrica e termica dell’Alto Adige è coperto dalle fonti rinnovabili. Obiettivo: il 100% entro il 2020.
Ricco di natura, famoso per le produzioni agroalimentari, eccellente nel campo delle rinnovabili. L’Alto Adige si candida come modello per il resto d’Italia.
Ad oggi il 56% del fabbisogno totale di energia elettrica e termica è coperto dalle fonti rinnovabili. La potenza degli impianti fotovoltaici installati sul territorio, secondo i dati del GSE, ha superato i 37 MW, pari a 75W per abitante. E per quanto riguarda il solare termico, la superficie installata supera i 200.000 mq, pari a 0,40 mq per abitante. L’energia non viene solo dal sole: in primis c’è sicuramente l’idroelettrico, grazie alla fortunata orografia della regione, con una produzione di 760 MW. E centrali a biomassa, biogas ed eolico.
L’obiettivo è ambizioso: entro il 2013 coprire il 75% del fabbisogno energetico, per arrivare al 100% entro il 2020. Come? Sfruttando tutte le tecnologie oggi a disposizione. Eccone alcune:
L’impianto idroelettrico di Barbiano entra in esercizio già nel 1938, vista la volontà del regime di industrializzare la regione. La struttura è ancora quella originale, tanto che è presente una gigantesca testa di cavallo, simbolo dell’imperialismo fascista.
Il cuore dell’impianto si raggiunge attraverso una galleria lunga 70 m, per entrare nella sala macchine, impressionante per la sua imponenza. Grazie allo sfruttamento delle acque del fiume Isarco, la centrale è in grado di produrre 223 milioni di kWh all’anno.
Una centrale inaugurata nel 2008 e di proprietà di una cooperativa con circa 80 soci. L’impianto è studiato per produrre energia elettrica, utilizzando il gas prodotto dalla fermentazione anaerobica (assenza di ossigeno) dei liquami raccolti da masi e aziende agricole.
All’anno la centrale produce 5 milioni di kWh, fornendo elettricità a quasi 2500 famiglie. Zero emissioni di CO2.
La centrale di teleriscaldamento di Varna permette un risparmio di circa 4 milioni di litri di gasolio all’anno. Copre il fabbisogno di circa 1400 utenze, dislocate nei Comuni di Varna e Bressanone.
La materia prima utilizzata è il legno, proveniente dalle segherie e da lavorazioni forestali come cippato, segatura e corteccia. Il legno viene bruciato in apposite caldaie, producendo energia termica, che viene poi convogliata attraverso i 120 km della rete di teleriscaldamento.
Questo piccolo Comune, di circa 5.100 abitanti, è stato probabilmente il primo in Italia a dichiarare l’obiettivo di diventare un Comune a zero emissioni di CO2.
Grazie all’integrazione di idroelettrico, fotovoltaico, biogas e di edifici ad alta efficienza energetica, la popolazione utilizza energia elettrica 100% rinnovabile, mentre per il calore si arriva ad un 50%. Sarà il risparmio energetico l’aiuto ideale per raggiungere questo ambizioso obiettivo: grazie al “programma 50 case” è previsto il risanamento di 50 edifici e la costruzione di nuove abitazioni, tutte certificate CasaClima.
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