
Una spedizione di ricercatori svedesi nel mar Baltico si è imbattuta in bolle di metano molto più in superficie del previsto. E potrebbero essercene altre.
L’Amazzonia, il paradiso della biodiversità, lancia un afono grido d’aiuto. La deforestazione sta distruggendo il grande polmone verde del pianeta.
La conseguenza più ovvia di questa situazione è un
aumento vertiginoso delle devastazioni ambientali causate
dall’occidente ai danni dei paesi del terzo e quarto mondo. Delitti
ecologici senza colpevoli, scempi ambientali destinati ad
aumentare. Basta pensare che soltanto il 21% della popolazione
mondiale, quella dei paesi sviluppati, consuma l’84% delle risorse
dell’intero pianeta.
Studiando un fenomeno come quella dell’Amazzonia non resta che
trarne previsioni allarmanti: nel 1999 l’opera di disboscamento
è aumentata del 15%. Se continua così tra circa
vent’anni del polmone che fa respirare il mondo non resterà
niente altro che un cumulo di cenere.
La distruzione della foresta amazzonica non è soltanto il
risultato della disperazione e della povertà. Essa è
il simbolo dell’irresponsabilità e degli avidi interessi del
liberismo di cui sono complici quegli stati dell’America latina che
fanno parte dell’immenso bacino amazzonico. Si è parlato
tanto della necessità di ridurre la deforestazione, di
avviare uno sfruttamento razionale ed ecocompatibile delle sue
risorse. Ma intanto non si riesce a tenere sotto controllo nemmeno
la devastazione di larghissime zone destinate all’ agricoltura e al
pascolo. Lo sfruttamento del sottosuolo e i piani di urbanizzazione
concludono una situazione chiaramente insostenibile.
Per tamponare e poi invertire la situazione bisognerebbe intanto
tener conto di quello che sta accadendo e tentare di salvaguardare
le popolazioni indigene. Dovrebbero cambiare le leggi, fino ad oggi
poco applicate e, in molti casi, non incisive. Dovrebbero anche
placarsi gli interessi economici dei paesi industrializzati.
Andrebbe applicata una nuova e ampliata formula legislativa che
permetta lo sfruttamento ecocompatibile della zona e favorisca la
cooperazione da parte di tutti i paesi affinchè l’Amazzonia
non sia distrutta.
Forse con misure di questo tipo, quello che adesso è solo
una speranza, potrebbe trasformarsi in una realtà
concreta.
Elena Evangelisti
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