
Con la decisione di proteggere 400mila ettari del Grand Canyon dalle compagnie minerarie, il presidente degli Stati Uniti inizia un’opera di rammendo di una politica ambientale finora contraddittoria.
L’Amazzonia perde pezzi ma a un ritmo sempre più basso. E’ quanto emerso dalla Conferenza sui cambiamenti climatici in svolgimento a Cancún.
La deforestazione
in Amazzonia è ai livelli più bassi da
oltre vent’anni, per la precisione dal 1988. Questo è uno
dei dati positivi che sono arrivati dalla Conferenza sui cambiamenti
climatici in svolgimento a Cancún.
Secondo le cifre fornite dal governo brasiliano, la
percentuale di ettari di foresta abbattuta negli ultimi dodici mesi
ha subito un crollo pari al 14 per cento arrivando a
6.500 chilometri quadrati di area deforestata rispetto
al picco di 29.100 kmq registrato a metà degli anni
’90.
La notizia – comunque positiva nonostante si tratti solo di un
rallentamento e non di un’inversione di tendenza – è
arrivata nonostante le preoccupazioni dovute all’incremento dei
prezzi delle materie prime che spesso spinge gli agricoltori a
cercare nuove terre da coltivare a basso prezzo. Quindi a tagliare
un numero più elevato di alberi.
Il ministro dell’Ambiente brasiliano Izabella
Teixeira, però, ha comunque fatto sapere che
non bisogna abbassare la guardia. La porzione di foresta distrutta
ogni anno è ancora troppo elevata e paragonabile a uno Stato
di piccole dimensioni. La speranza del ministro è quella di
arrivare presto a contenere i livelli annui di deforestazione
almeno entro i 5.000 kmq.
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