
Vecchi e nuovi ogm sono sottoposti alle stesse regole, ma ora le cose potrebbero cambiare. Una petizione vuole evitare questo rischio.
Attacco agli OGM: manifestazioni contro il cibo transgenico.
Attacco agli OGM su tre fronti. Oggi a Roma l’Assobiotech propone il transgenico “tipico”. Specie vegetali secolari e tradizionali secondo loro potrebbero oggi salvarsi solo grazie alla manipolazione genetica.
Il fuoco di fila risponde su tre fronti: a Viterbo, ieri, un corteo
di “disubbidienti contro il biotech” è giunto fino agli
ultimi campi di ogm ancora attivi in Italia, quelli sperimentali
dell’università della Tuscia. “In centocinquanta”, secondo
quanto ha detto un’attivista “siamo riusciti a sfondare la
recinzione dei campi, ma lì ci aspettava la Digos che
probabilmente ci ha seguito da Roma”. Fermati e identificati dunque
alla prima reazione, al primo accenno di protesta ma l’obiettivo,
quello di tenere alta la guardia su certi temi è stato
centrato. “In Italia – spiega Ivan Verga dell’associazione VAS –
“resistono” ancora solo 18 campi sperimentali su 287 prima attivi,
ovviamente non autorizzati alla produzione del transgenico. Qui si
coltiva il ciliegio, l’ulivo e il kiwi. Proprio a Viterbo sono
rimasti alcuni degli ultimi campi sperimentali di ogm.
Fortunatamente il movimento sta conducendo la sua battaglia su
più fronti. Associazioni, coop, passando attraverso
ambientalisti e consumatori, fino alla piccola e media impresa
hanno aderito al nostro fronte contro il transgenico. C’è,
in definitiva, un movimento ampio e ben consapevole dei rischi che
si corrono urlando agli ogm “free”. Come fa l’Assobiotech, ad
esempio”.
Proprio oggi a Roma, l’associazione a favore del transgenico
presenta un documento in cui si vorrebbe dimostrare che l’uso degli
ogm potrebbe salvare la coltivazione di alcuni prodotti tipici
nostrani in via di estinzione, come i pomodori San Marzano. La
mobilitazione contro gli ogm è dunque indispensabile.
BIOTECNOLOGIE PER I PRODOTTI TIPICI? Secondo Legambiente è
“come affidare a Erode un asilo nido”. Questo lo slogan di
Legambiente che stamattina ha manifestato a Roma davanti a Palazzo
Valentini, dove si è svolto un convegno di Assobiotech su
Prodotti agricoli tipici italiani da salvare con il contributo
delle biotecnologie. Vessillo dell’Associazione ambientalista un
enorme Pesce-fragola, simbolo provocatorio dei rischi legati alle
biotecnologie. “All’indiscutibile gusto per il paradosso di
Assobiotech preferiamo il gusto tradizionale dei nostri prodotti
più tipici, che, sia beninteso, non si toccano. Siamo
contrari al Pesce-fragola così come al Caciocavallo podolico
biomanipolato o al formaggio di fossa corretto al salmone. Il
fromadzo valdostano, la ricotta dei Nebrodi, la lenticchia di
Castelluccio non hanno alcun bisogno dell’aiuto dei
biotecnologi”.
Lo stesso vale per le vacche nostrane (dalla piemontese alla
maremmana o la chianina) o per le altre nostre 28 razze animali
autoctone. I pericoli che queste specie corrono non si risolvono
con interventi sul loro dna: è invece tutelando e garantendo
il loro habitat che scongiureremo il rischio estinzione.
Contro ogni sperimentazione sugli animali questa sera alle 21 alla
Casa del Volontariato (via Correggio, 59 – Monza) si presenta il
nuovo libro di Stefano Cagno, GLI ANIMALI E LA RICERCA: una critica
alla sperimentazione sia sul versante etico che scientifico. Oltre
a Stefano Cagno (tra l’altro, prezioso collaboratore di LifeGate)
ci sarà Chris De Rose, che presenta un video sulle azioni
non-violente condotte in California per la liberazione degli
animali sottoposti a sperimentazione.
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Vecchi e nuovi ogm sono sottoposti alle stesse regole, ma ora le cose potrebbero cambiare. Una petizione vuole evitare questo rischio.
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