Per la presidente di Federbio Mammuccini, alcuni disagi degli agricoltori sono oggettivi e comprensibili, ma le proteste contro il Green deal sono inammissibili.
Avvicinarsi “naturalmente” al bio
Coltivare e vendere bio: un esempio positivo, una testimonianza che ci giunge dalla Comunità montana della Valsamoggia, provincia di Bologna.
Nella Comunità Montana in cui lavoro da 3 anni è
partito un progetto, all’inizio finanziato dalla Provincia di
Bologna, chiamato “Mercato delle cose buone”. Il mercato, che ha un
appuntamento mensile da aprile a novembre, non solo bio, si è posto
l’obiettivo di portare sulla piazza i piccoli agricoltori (tutte
quelle realtà che non potendo raggiungere mercati generali o
i mercati classici avevano comunque ei “potenziali” clienti)
creando un circuito virtuoso fra
chi acquista e chi compra ed escludendo il passaggio ai grossisti,
oneroso per chi acquista e svantaggioso per chi vende, instaurando
nel contempo un rapporto di fiducia fra produttori e
abitanti/acquirenti.
Il mercato si è volutamente aperto anche ai
produttori non biologici. Intanto perché la nostra
realtà territoriale ha ancora molte lacune in questo senso,
poi perché non volevamo escludere a priori alcune forze
presenti e poi perché speravamo che il “contatto” fra
biologici e non biologici potesse portare i secondi ad avvicinarsi
“naturalmente” al biologico… cosa che in almeno due casi è
successa (e per noi è stato un vero successo).
Intendiamo un successo il fatto che i due produttori non bio, ad
esempio, si siano iscritti ad un seminario di formazione
sull’agricoltura biologica organizzato dalla nostra Comunità
Montana.
Questo ci fa supporre che l’interesse sia reale in quanto il
seminario è di 120 ore e presuppone che alla fine i
frequentanti inizino il percorso di conversione.
Paola Di Stefano
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