Bombay Slum

Dopo la mostra a Milano, queste fotografie sono ora raccolte nel libro fotografico “Bombay Slum”, arricchito da un intervento di Fabrizio Ferri e da uno di Dominique Lapierre.

“Dappertutto, gente che dorme per terra – centinaia e centinaia.
Distesi e avvolti stretti in coperte, le teste una sull’altra. La
loro posa e la rigidezza contraffanno la morte” scriveva Mark Twain
nel 1896 in A nocturnal drive through Bombay.

Era nello “slum”, la città di capanne, di spazi vitali
improvvisati tirati su da chi è venuto a lavorare nella
megalopoli indiana, o da chi ne è stato sfrattato.

Proprio quelle strade nei sobborghi di Bombay sono ripercorse
oggi dalla giovane fotografa milanese Albertina d’Urso: donne,
uomini, anziani, bambini, ritratti per le strade, in casa, nelle
botteghe, nelle periferie desolate…

Questo suo primo libro, “Bombay Slum”, è un reportage
fotografico realizzato nei sobborghi di Bombay. Privo di retorica,
vibrante di curiosità, il suo obiettivo coglie i colori
della miseria e della povertà, della dignità e della
gioia di vivere, che possono coesistere prismaticamente nel
brulichio della vita di un popolo.

“Nell’arco di un anno a mezzo, in quattro viaggi, negli slum
sarò stata tre mesi – ci dice Albertina D’Urso -. Con la
macchina fotografica giravo in cerca di volti, sfondi, fermandomi
di fronte a uno sguardo”. Nello slum.

Dopo la mostra a Milano, queste fotografie sono ora raccolte nel
libro fotografico “Bombay Slum”, arricchito da un intervento di
Fabrizio Ferri e da uno di Dominique Lapierre.

I proventi dei diritti d’autore vengono donati all’associazione
“Vimala” che opera in India – specialmente nei sobborghi di Bombay
– per aiutare i bisognosi ad avere una vita dignitosa e
un’istruzione tramite adozioni a distanza, cure mediche,
costruzione di scuole e case.

Licenza Creative Commons
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