“Bombón el perro. L’amicizia è una questione di istinto”

La storia di un’amicizia profonda e salvifica tra un uomo e un cane. Una pellicola amara e malinconica interpretata da attori non professionisti.

Forse la parola più adatta per definire il film è
tenerezza: tenerissimo ed estremamente espressivo è
Bombón, il cane che dà il nome alla pellicola; dolce
e malinconico lo sguardo del protagonista Coco, il padrone
dell’animale; profondo e insondabile il rapporto che si stabilisce
in poco tempo fra i due.

Non a caso, sulla locandina campeggia come sottotitolo la
scritta “l’amicizia è una questione d’istinto”: cane e
padrone si incontrano per combinazione, come spesso è
accaduto anche nella vita reale a chi possiede un animale
domestico.

A Coco, licenziato a 52 anni perché una multinazionale ha
comprato la piccola stazione di servizio in cui lavorava da tempo,
viene regalato uno splendido esemplare di dogo argentino in cambio
della riparazione di un’auto. Solo, senza soldi né casa,
improvvisamente si ritrova con qualcuno da accudire: lo slancio
dell’uomo, la sua apparente follia nell’accogliere un animale in un
momento così critico della sua esistenza, saranno
però ripagati dalla fortuna materiale che gli darà
Bombón. L’amicizia, l’amore, la serenità arriveranno
pure per Coco, ma a patto che tenga sempre il cane con
sé!

Per il film, Carlos Sorín (già autore di “Piccole
storie”) ha scelto solo attori non professionisti: il protagonista
è, nella vita di tutti i giorni, un dipendente di un garage
che il regista conosceva da anni. Una scelta dettata da una precisa
esigenza di veridicità, come spiega lo stesso Sorín:
“Mi domandavo se fosse possibile raccontare una storia di fantasia
che – come quelle coperte di una volta che le nonne facevano
cucendo insieme pezzi di stoffe differenti – fosse costituita da
parti di realtà, di verità”.

La ricerca di autenticità si vede, ad esempio, nella
descrizione di un’umanità ferita dalla storia recente
dell’Argentina, ma che sa risollevarsi facendo leva sul rapporto
con gli altri (umani o animali che siano). E ancora, nel ricorso
allo stile del documentario: camera a mano, che indugia a lungo
sull’espressione intensa degli occhi di Coco, e luce naturale nelle
riprese esterne.

A fare da sfondo a questa storia commovente, infatti, c’è
il paesaggio spoglio e selvaggio della Patagonia, fatto di strade
che si snodano nel deserto, ma lungo le quali si finisce sempre per
incontrare qualcuno che ti cambierà la vita…

Olimpia
Èllero

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