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La nota distinzione aristotelica tra “agire” e “fare”, ci interpella in un’epoca dove la rottamazione delle idee appaiono sempre più pervasive e inquietanti.
La nota distinzione aristotelica tra “agire”, dare un senso, una
direzione di marcia al proprio stare al mondo, e “fare”, limitarsi
ad eseguire un compito, ci interpella in tutta la sua portata
esistenziale, in un’epoca dove l’abulia delle coscienze,
l’infiacchimento della meditazione, la rottamazione delle idee
appaiono sempre più pervasive e inquietanti.
L’ambiguità tipica della modernità si manifesta a
tutto tondo nelle luminose scoperte scientifiche, nelle grandi
innovazioni tecnologiche e, di contro, nel pensiero unico,
monocorde, nella comunicazione invisibile poiché abitata da
linguaggi sempre identici, nella ideazione rattrappita, nello
sguardo ripiegato su se stesso poiché privo di tensione
contemplativa.
Da qui l’urgenza di recuperare l’agire come progettazione nel mondo
e per il mondo di un’articolazione di senso compiuta, di un
percorso della coscienza alternativo a quello serializzante indotto
dal sistema dei bisogni che seduce e delude con meccanica,
implacabile ripetitività. L’agire, tuttavia, diviene
progetto di senso solo se lascia spazio alla dialettica tra
silenzio e dubbio. Il silenzio, come pausa della parola che indaga
se stessa, come temporaneo congedo dal quotidiano per rivisitarlo
con occhi nuovi, rinvia da sempre al dubbio. La sospensione della
parola e della visione comune, standardizzata, apre, infatti,
fecondi squarci dubitativi su quello che acriticamente accatastiamo
nei nostri pensieri e nelle nostre azioni, o meglio nel nostro
“fare”, nel nostro assolvere in modo impersonale ad un compito.
Il dubbio non è uno stile di vita, bensì un metodo
critico di discernimento, uno spazio pre-veritativo che permette al
soggetto, dopo la messa in discussione “silenziosa” delle diverse
alternative, dei diversi paradigmi di vita, di compiere una scelta
veritativa vincolante, in base alla quale determinare il senso
ultimativo del proprio esistere qui e ora.
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