Caffé : prima, durante e dopo

Il lavoro dei coltivatori di caffé è duro, sia per chi lavora nelle grandi piantagioni, dove non vengono rispettati i più elementari diritti dei lavoratori, sia per i piccoli proprietari

Relax, piacere, forza, dolcezza, vigore e tanti altri attributi si
associano normalmente al gesto quotidiano di assaporare una tazzina
di caffè. Ma forse pochi attribuirebbero immediatamente a
quella tazzina un valore finanziario, legato ai meccanismi
più spinti dell’economia internazionale.

Eppure il caffè occupa il secondo posto tra le materie prime
commercializzate a livello mondiale, dopo il petrolio. Il suo
valore è quotato nelle Borse occidentali (New York e Londra)
e stabilito dalle speculazioni finanziarie dei grandi soggetti
dell’economia globale.

Vista la grande flessibilità dei prezzi del caffè,
dovuta alle oscillazioni finanziarie, il gioco è sempre
quello: tirare il più possibile sul prezzo del primo
acquisto, in modo da garantirsi un guadagno sicuro in qualsiasi
situazione. E a farne le spese sono i produttori di caffè, i
contadini dell’America Latina e dell’Africa che lavorano per
consegnare i chicchi di caffè verde nelle mani dei grossi
proprietari terrieri o degli intermediari locali (chiamati
significativamente “coyotes” dai contadini messicani).

Il lavoro dei coltivatori di caffè è duro, sia per
chi lavora nelle grandi piantagioni, dove non vengono rispettati i
più elementari diritti dei lavoratori, sia per i piccoli
proprietari, esclusi dall’accesso ai mercati e costretti ad
accettare le condizioni imposte dai coyotes.

È per questo che alcune famiglie di contadini messicani,
all’inizio degli anni Ottanta hanno deciso di porre fine allo
sfruttamento che subivano nella commercializzazione del
caffè, fondando una cooperativa per accedere direttamente al
mercato e migliorare le loro condizioni di vita. Attualmente Uciri
(Uniòn de las Comunidades Indìgenas de la
Regiòn del Istmo) è composta da 2395 membri che
coltivano e commercializzano il caffè importato in Europa
dalle organizzazioni di commercio equo e solidale.

Attraverso il commercio equo, i produttori di caffè vendono
il caffè ad un prezzo stabile, sensibilmente più alto
rispetto a quello medio del mercato. La coltivazione biologica
inoltre è incentivata con un sovrapprezzo e con il sostegno
di progetti di sviluppo.

Il caffè prodotto dai contadini di Uciri è
certificato come produzione biologica e cresce all’ombra di alberi,
in un sistema di coltivazione che favorisce la conservazione del
terreno e delle varietà animali e vegetali.

Secondo la tradizione indigena dei soci di Uciri, la terra non
è un’entità estranea da sfruttare il più
possibile, ma una “Pacha Mama”, una Madre Terra, da rispettare
perché da essa dipende la nostra sopravvivenza e quella
delle generazioni future. In questa visione la coltivazione
biologica non è una strategia di marketing imposta da
qualche ricerca di mercato, ma la conseguenza naturale della
cultura e della vita di un popolo.

Giovanna
Salvini


Cooperativa Chico Mendes

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