Clima. A Cancun soddisfazione a metà

Meglio del previsto ma non abbastanza. Questo l’esito della Conferenza sul clima che si è svolta a Cancun.

Un misto di soddisfazione e incertezza.
Questi i sentimenti contrastanti lasciati dalla chiusura del lavori
della COP 16. Il modesto
accordo finale, infatti, ha definito – contrariamente alle
aspettative della vigilia –
gli obiettivi
che l’intera comunità internazionale deve
raggiungere nel più breve tempo possibile, ma non ha ancora
definito i mezzi. Paesi ricchi e poveri si sono trovati in
disaccordo sull’opportunità di prolungare il
Protocollo di Kyoto o di creare un nuovo trattato che vincoli anche
i paesi finora rimasti esclusi.

 

Tanto per fare un esempio, Russia, Giappone e Canada hanno
fatto sapere che non vogliono estendere i vincoli di Kyoto ma
preferiscono un nuovo accordo che includa anche Cina, Stati Uniti e
India.

 

Al contrario, i paesi più poveri – ma anche più
colpiti dalle conseguenze del riscaldamento globale – insistono nel
chiedere un
prolungamento del Protocollo
anche oltre il 2012 viste le forti
responsabilità dei paesi maggiormente industrializzati. Solo
quando i maggiori emettitori avranno garantito il loro impegno a
ridurre ulteriormente le emissioni, i paesi più poveri
potranno impegnarsi e fare altrettanto. Il Brasile, in particolare,
attraverso la voce del ministro dell’Ambiente Izabella Teixeira ha
fatto sapere che “il Protocollo di Kyoto è la chiave per avere
un impatto sui cambiamenti climatici”.

 

L’Unione europea, da sempre mediatrice tra le due opposte
visioni, si è dichiarata disposta ad aumentare i
propri impegni
di riduzione (assunti in maniera autonoma)
dal 20 al 30 percento entro il 2020.

 

Unica voce fuori dal coro è stata quella della Bolivia
che ha definito insufficienti i risultati e ha chiesto tagli
più profondi.

 

In sintesi, l’accordo
di Cancún
prevede quattro punti principali:

 

  • Limitare l’innalzamento della temperatura al
    di sotto dei 2°C
  • Tecnologie pulite per tutti
  • Evitare la deforestazione nei paesi in via di
    sviluppo grazie a finanziamenti e alternative.
  • Creare un fondo (Green Climate Fund) da 100
    miliardi di dollari all’anno, fino al 2020, per aiutare i paesi
    poveri a contrastare i cambiamenti climatici.

 

L’appuntamento è ora fissato per il dicembre del prossimo
anno a Durban, in Sudafrica, per la Conferenza numero 17. Quello
sarà l’ultimo appuntamento utile per trovare finalmente il
mezzo, il trattato, il protocollo o qualsiasi altra forma per
imporre a tutti gli stati nuovi vincoli di riduzione delle
emissioni di gas serra.

L’attesa è già cominciata.


LifeGate Internazionale di lunedì 13 dicembre 2010
(a cura
di Claudio Vigolo). In onda dal lunedì al venerdì alle
ore 19:00 sulle frequenze di LifeGate Radio.

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