Conoscersi attraverso un foglio

La calligrafia, le cui origini risalgono al quarto secolo d.C, in Estremo Oriente, rappresenta un aiuto terapeutico se praticata in uno stato di quiete interiore.

Attraverso lo spontaneo fluire della scrittura l’individuo rende
manifesta la propria essenza o natura più profonda,
accedendo all’unità originaria.
L’arte della calligrafia, infatti, consente all’individuo di
rimettere in ordine le correnti del qi (energia) del corpo e
permette un’armonica esternazione delle emozioni. Per questo la
pratica della calligrafia è ancora oggi considerata in
chiave terapeutica oltre che artistica.

Paola Billi e Nicola Piccioli, maestri di calligrafia, ci tengono a
precisare che “per costituire un vero atto terapeutico la
calligrafia deve essere praticata in uno stato di quiete interiore,
l’individuo deve calarsi nell’atto della scrittura convogliando
tutte le sue energie e la sua attenzione sul foglio, in modo da
accedere alle proprie origini”.

E’ importante, nella calligrafia, come per altro nella meditazione,
che corpo, mente e spirito (coscienza) si trovino
contemporaneamente impegnati in un unico e consapevole atto che,
via via si fa sempre più fluido e naturale, guidato da
quell’intelligenza originaria scevra da divisioni, blocchi,
resistenze. Uno stato mentale e di azione che va esercitato,
addestrato e che porta all’affioramento spontaneo della voce
dell’intuito acquisendo padronanza nel movimento del pennello sul
foglio bianco che simboleggia il vuoto (un vuoto cosmico, mentale e
pratico).
L’iter si caratterizza nell’apprendimento e nella sperimentazione
delle 5 forme della scrittura “han” (zhuan, degli scrivani,
corsiva, normale, corrente) e degli stili calligrafici.
Un’avventura che in questi giorni è oggetto di confronto e
di discussione in Corea, in occasione della terza edizione mondiale
di calligrafia, dal titolo “L’unità oltre la linea”,
manifestazione internazionale di cui Piccioli e Billi (chiamati a
rappresentare l’Italia), sono gli unici occidentali.

Daniela Milano

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