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Le ragazze di Tonga usavano il kaukautuitui, o strofinamento dell’intero corpo con noce candela masticata o con una miscela di olio di lolo e di enga
Alle applicazioni strettamente cosmetiche dei popoli primitivi,
antropologi ed etnologi hanno attribuito importanti valenze e
funzioni rituali, sociali e sacrali. Non va dimenticato,
però, che la cura del corpo e l’utilizzo di prodotti della
natura ha coinciso e coincide con il modo comune di esprimere e
coltivare la bellezza. Bengt Danielsson, studioso della cultura
polinesiana, racconta come in Oceania le gare di bellezza fossero
molto in voga, soprattutto presso i polinesiani, e quanto fosse
diffusa in alcuni arcipelaghi l’ammirazione per la pelle
chiara.
A tal scopo, le ragazze di Tonga usavano il kaukautuitui, o
strofinamento dell’intero corpo con noce candela masticata (tuitui)
o con una miscela di olio di lolo e di enga, mentre le donne delle
Marchesi si strofinavano il corpo con succhi estratti dalle foglie
di tre diverse specie di piante. Non è cambiato il senso
estetico tradizionale degli hawaiiani che ancora oggi usano le
bacche acidule dell’ohelo per la pulizia della pelle, mentre con il
legno di sandalo e i fiori di frangipani e di pandano fanno olii
profumati per l’emollienza e la morbidezza della pelle.
A Tahiti, l’adornamento dei fiori è tuttora praticato
intensamente con ibischi, orchidee, loto, frangipani, ma
soprattutto con il tiarè. Il portare un fiore su un orecchio
o sull’altro significa che il cuore è libero o no. Molto
tempo fa, alle Figi, la bellezza femminile si esprimeva con
favolose collane e orecchini di ibischi coloratissimi. Presso i
Maori della Nuova Zelanda la ricerca della bellezza era intensa, e
lo dimostrano i tatuaggi raffinatissimi e complicati. I più
tatuati erano gli uomini mentre le donne usavano tatuarsi il mento,
le labbra, le sopracciglia e sulle cosce. Come tonici cutanei
utilizzavano il decotto di fiori di elicriso maggiore e di alcune
liane spinose (Rubus).
Presso gli Abelam e gli Asmat della Papua Nuova Guinea il culto
della bellezza maschile e femminile è ancora oggi affidato
alle ocre minerali, argille, coloranti vegetali, cenere, carboni di
legna e fuliggine, che vengono stemperati in acqua addizionata con
piccole quantità di grasso di maiale o di olio di cocco. In
Australia, nella Terra di Arnehm, veniva invece praticata la
pittura completa del corpo e scarificazioni rituali. Quale
cosmetico principale per ammorbidire e ringiovanire la pelle,
veniva usato il grasso di lucertola. Con la polpa bollita dei
frutti dell’opiuma (pianta simile al tamarindo) si otteneva un
liquido tonico e astringente per la pelle. Ma per tutti questi
popoli, il simbolo di bellezza era e resta soprattutto la pulizia,
nella sua doppia funzione di maggiore accettazione di sé e
degli altri.
Maurizio Torretti
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