
Eseguire in sospensione asana yoga, esercizi di pilates o di danza, apporta benefici fisici e mentali. Perché volteggiare non grava sulle articolazioni, cambia la prospettiva e aiuta a liberarsi dalle paure.
La nostra storia è quella di un seme che ha un suo potenziale intrinseco e che, quando trova le condizioni necessarie, tende alla sua autorealizzazione.
Per intraprendere questo viaggio
dovremo avere il coraggio di rompere i sicuri ma angusti limiti
entro cui la nostra essenza è racchiusa e, in quanto seme,
affrontare una caotica riorganizzazione cellulare, per passare da
una forma netta e ben definita a qualche cosa di diverso, di
imprevedibile a priori, in continua crescita: un germoglio.
La nostra apertura al mondo, e allo stesso tempo a ciò
che siamo veramente, la chiameremo “nascita ecopsicologica”: il
nostro io (psico) che si rivela a se stesso aprendosi all’ambiente
(eco). Nasciamo ecopsicologicamente quando abbiamo il coraggio di
oltrepassare i confini di quello che abbiamo sempre creduto di
essere, che gli altri ci hanno detto che siamo o che dobbiamo
diventare, per scoprire quanta potenzialità ancora
inespressa giace in noi, quali e quante diverse cose possiamo
ancora diventare e realizzare. E’ un
risveglio a una più vasta concezione di sé e a
una prospettiva evolutiva del nostro essere e agire nel mondo.
Mentre nello stadio di seme la nostra percezione della
realtà è strettamente individuale – ogni seme ha
confini ben precisi tra sé e gli altri – in quanto germoglio
in crescita scopriamo di dover interagire con tanti elementi
diversi e non poter evitare la relazione con gli altri. La nostra
sopravvivenza, in quanto germoglio, dipenderà dalla
capacità di salvaguardare uno spazio vitale, la nostra
qualità di vita dipenderà dalla capacità di
cercare o creare contesti in cui trovare un nostro spazio con gli
altri e non contro gli altri.
E’ un risveglio a una visione dinamica e prospettica della vita
riconosciuta anch’essa in continua trasformazione ed
evoluzione.
Come germoglio abbiamo una lunga strada davanti, la nostra vita
è ben diversa di quando eravamo seme, con le idee chiare e
tante risposte pronte, sappiamo che il percorso che abbiamo
intrapreso non prevede sistemazioni “per sempre”, né
sicurezza garantite a priori, ha più domande che risposte,
ma offre continue opportunità di meraviglia, scoperta e
apprendimento in un processo di crescita che delinea con sempre
maggior chiarezza chi siamo e cosa possiamo diventare. E se noi,
senza specchi – nei giardini raramente ce ne sono – facciamo fatica
a vedere chi siamo e cosa stiamo diventando, sono spesso gli altri
che ci aiutano a riconoscere le caratteristiche che ci
contraddistinguono e che rivelano a poco a poco quale pianta sta
nascendo dal seme che eravamo. Nel’incontro con l’altro impariamo a
conoscere il mondo ma impariamo anche a conoscere noi stessi.
Ed ecco che si avvicina il momento in cui siamo pronti a
realizzarci in tutta la nostra potenzialità e in cui
capiamo chi siamo, cosa vogliamo dalla vita e lo realizziamo: la
“pianta che siamo” fiorisce, al culmine della sua appariscenza e
bellezza. Il fiore esprime l’essenza della nostra natura
individuale, è l’apoteosi della nostra ricerca sulla natura
della nostra identità.
Ma la storia non finisce qui, il processo evolutivo non si
arresta e ha altre avventure da proporci, un nuovo salto di
qualità ci attende, nuovi orizzonti. Siamo passati dalla
percezione di noi stessi come un io isolato e abbiamo scoperto
invece di esistere nell’ambito di una rete di relazioni grazie alla
quale crescere e realizzarci, ci siamo aperti a una percezione
“io-tu” del mondo, il passo successivo è riconoscerci non
solo parte della trama della vita, ma co-creatori della trama
stessa.
Quando il fiore si apre e viene impollinato, è il frutto
il traguardo successivo della crescita personale. Frutto che si
offre in dono, frutto che nutre e disseta, frutto che contiene in
sé i semi per nuove rinascite e nuove realizzazioni, con un
dna arricchito dal bagaglio esperienziale individuale, contribuendo
così alla continuazione della vita.
Nel mettere i nostri frutti al servizio degli altri chiudiamo il
ciclo iniziato con la nostra avventura di piccolo seme isolato,
realizziamo completamente la nostra natura individuale il momento
in cui ci riallacciamo al processo della vita in evoluzione. La
nostra visione di noi stessi e dell’esistenza si amplia
ulteriormente, ci apriamo a una percezione “io-noi” della
realtà in cui sia affievoliscono ancor di più i
limiti tra noi, gli altri e il mondo che ci circonda e di cui
riconosciamo parte.
La soddisfazione più grande è quella di scoprire
che ciò che vogliamo dalla vita e ciò che la vita
vuole da noi sono la stessa cosa: la vita ci chiedere di “essere
con”, di scoprire chi siamo e di mettere poi questa nostra
peculiarità individuale “in rete” con altri, ci chiede di
contribuire con i colori e le forme che ci contraddistinguono al
giardino della vita. Un giardino che si arricchisce e abbellisce
con la diversità individuale, la
capacità di rispettarsi reciprocamente e di interagire
collaborativamente.
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