E tornerà il sereno, di Silvia Dugo

Il Filo, Roma 2008

Capita di sfogliarlo, e la lettura da distratta si fa
subito più intensa al punto da scorrere certamente fino alla
fine del capitolo. La cosa è verificata personalmente.
L’oggetto è conteso. Perché? Sarà l’uso delle
parole, alcune anche troppo grintose, o l’immediatezza con cui
dipinge situazioni che appaiono immediatamente intriganti. O per
vedere dove va a parare, o per l’assonanza col linguaggio parlato,
amichevole. Approfondiamo, andiamo oltre, attraverso alcune parole
chiave.

Un torrente
E’ un flusso di coscienza,
un’escursione tra le anse di ricordi resi con vividezza palpabile,
toccante. Onde di pensieri annotati su carta che si susseguono con
l’impeto, a volte, dell’oceano; con la delicatezza, a volte, di un
ruscello. Anche la freschezza e la spigliatezza sono proprie della
narrazione e forse del carattere dell’autrice. La trasparenza, il
nitore e il suo sciabordìo spregiudicato rinfrescano i temi
spinosi, torbidi e d’attualità – la strage di Erba, il
conformismo provinciale, i reality show, i contratti di lavoro –
che cita, a volte infrangendovicisi contro. Proprio come un
torrente sui sassi e le asperità, nel suo scorrere
veloce.

La nudità
Ci si soprende, durante la
lettura, a sorridere. Se si è sensibili anche ad arrossire.
Come se si stesse leggendo un diario nascosto. La ragazza si mette
a nudo svelando in modo un po’ spudorato alcuni frangenti e alcuni
squarci di vita che non tutti sanno raccontare: illusioni,
amicizie, amore, piccole gaffe maldestre; difficile non partecipare
o addirittura immedesimarsi! Ma la facilità con cui ci
è consentita la proiezione in sensazioni altrui ha un che di
voyeuristico, a tratti. Sembra insomma di sentirle sulla pelle.

Scintille
Una parola bellissima,
“scintilla”. S’adatta alla perfezione a evocar la brillantezza,
l’energia. L’intelligenza e l’ingegno. E anche però lo
scontro, l’attrito, il fremito e l’indisciplinatezza… fan
scintille!
Un professore di scuola media le mette una nota, a scuola. Guai! La
marachella della prima sigaretta. O della prima bevuta. Guai!
La scrittura prorompe in vivaci rendicontazioni, ogni tanto favilla
un aggettivo di troppo che tradisce l’entusiasmo comunicativo e la
passione argomentativa, quasi l’affanno a voler palesare il proprio
giudizio, a chiosar la situazione descritta. Ma anche il lieve
scricchiolio di queste cerniere non inficia il piacere del
paesaggio che si schiude ai nostri occhi.

La canzone
Silvia pone come incipit una
lucente citazione da Ben Harper. “Posso cambiare il mondo, farne un
posto migliore, renderlo più dolce. Con le mie due mani”.
Mmh, non è questa la colonna sonora di questo libro. E’
‘Charlotte Sometimes’, The Cure, goth rock, 1981 (anno di nascita
dell’autrice).
Chi la conosce potrebbe canticchiarla durante la lettura delle
pagine di ‘E tornerà il sereno’. Chi non la conosce,
scoprirà che si tratta di un sogno, di un incubo, di una
fiaba. Di una ragazza.

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