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Ecuador – Sviluppo non sostenibile
La costruzione di un oleodotto ecuadoregno comprometterà irrimediabilmente aree naturali estremamente fragili, ad alto rischio vulcanico, idrogeologico e sismico.
Nel Settembre 2001 hanno avuto inizio in Ecuador i lavori per la
costruzione dell’OCP (Oleoducto de Crudos Pesados) ad opera di un
consorzio costituito dalle maggiori multinazionali del petrolio:
Alberta Energy Company (31,4%), Occidental Petroleum (12,26),
Repsol-YPF (25,69%), Perez Compac (15%), Techint (4,12%),
Kerr-McGee Corp (4,02%) e Agip (7,51%).
L’oleodotto, lungo più di 500 chilometri, passerà
lungo aree naturali estremamente fragili, ad alto rischio
vulcanico, idrogeologico e sismico. Amplierà le zone
investite dall’estrazione petrolifera, coinvolgendo aree di foresta
primaria amazzonica finora intatte e abitate anche da popolazioni
indigene. Provocherà notevoli danni all’Ecuador, un paese
già esposto in termini di debito estero e non darà
risposte certe sul fronte di uno sviluppo locale.
Tale progetto finanziato da alcune banche private, al quale anche
la Banca Nazionale del Lavoro partecipa come intermediaria di un
prestito di 900 milioni di dollari concesso al Consorzio OCP nel
luglio 2001 da una banca tedesca (la Westdeutsche Landesbank),
vìola in maniera grave le direttive della Banca Mondiale
sulle valutazioni degli impatti ambientali, gli habitat naturali e
la consultazione delle popolazioni locali. Infrange inoltre i
principi sanciti dall’Onu nel Global Compact (accordo di programma
fra le Nazioni unite e le principali multinazionali), i diritti dei
lavoratori riconosciuti dall’Organizzazione Internazionale del
Lavoro e la Costituzione Ecuadoriana. Violazioni verificate da una
commissione del parlamento tedesco inviata in Ecuador in Aprile
2002.
Come BNL, anche il secondo attore italiano coinvolto, l’impresa
ENI/Agip, pur essendosi dotata di un “codice etico” desunto dal
“Rapporto Ambientale 2000”, continua a rendersi complice di tale
situazione. Sembra quindi che alcune linee guida siano state,
almeno per il momento, accantonate: “l’adozione di obiettivi,
programmi di azione, strumenti di controllo e verifica su
Sicurezza, Ambiente e Salute, capaci di coinvolgere l’intero
Settore, ed i Terzi a tutti i livelli” e di “collaborare
attivamente con Autorità Centrali e Locali, con Enti
rappresentativi, con le strutture di Gruppo, per la elaborazione di
leggi e norme in linea con gli obiettivi di uno sviluppo
sostenibile dell’Azienda e del Paese”.
Nonostante l’opposizione della Società Civile Ecuadoriana e
di numerosi gruppi ecologisti, i lavori procedono velocemente. Lo
stato d’emergenza dichiarato dal governo e la militarizzazione
delle province amazzoniche di Sucumbios y Orellana, da dove
partirà l’oleodotto, hanno generato scontri e tensioni
provocando la morte di 4 persone, di cui due bambini (Febbraio
2002). Il 25 marzo 2002, 17 attivisti ecologisti sono stati
arrestati, tra cui due italiani, che protestavano contro la
distruzione del bosco di Mindo Nambillo, a nord di Quito.
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