
Una spedizione di ricercatori svedesi nel mar Baltico si è imbattuta in bolle di metano molto più in superficie del previsto. E potrebbero essercene altre.
Il tempestivo SOS lanciato dalle organizzazioni ambientaliste e l’instancabile lavoro dei tecnici ha scongiurato disastro ecologico alle Galapagos.
Dopo l’incidente del 19 gennaio scorso, la situazione nelle isole
Galapagos è finalmente sotto controllo.
Secondo i dati forniti dalla fondazione Darwin, i 600 mila galloni
di diesel e 5 mila di bunker fuoriusciti dai serbatoi di Jessica,
la petroliera ecuadoriana arenatasi a 800 metri
dall’isola di San Cristobal, sono stati quasi completamente
riassorbiti.
Un disastro ecologico scongiurato grazie all’intervento di tecnici
qualificati e della popolazione locale che ha lavorato giorno e
notte con barriere di gomma, spazzole, palette e secchielli per
contenere l’avanzata dell’onda nera che si era affacciata a Baia
Accademia, la baia di Puerto Ayora, salvando molti animali rimasti
imprigionati nel petrolio.
Fortunatamente le buone condizioni meteo e l’azione del sole,
insieme a quella di solventi e dispersivi, hanno facilitato il
processo di disgregazione chimica e l’evaporazione del gasolio
prima che potesse raggiungere le altre isole dell’arcipelago.
Il pericolo più temuto e scongiurato dagli esperti è
stato quello rappresentato dal bunker, una miscela di combustibile
che sarebbe potuta affondare inquinando l’intero habitat
marino.
Gli ultimi controlli hanno rilevato la presenza di sostanze
organiche vicine al punto in cui la petroliera si è
incagliata. Dato positivo che lascia ben sperare per i quasi 8000
kmq di isole e isolotti che compongono il famoso arcipelago, uno
degli ultimi paradisi naturalistici del pianeta, abitato da
rarissime specie animali.
Quella della petroliera Jessica è l’ennesimo disastro
ecologico causato dall’ennesima carretta del mare in età da
pensione. Una delle tante navi cargo incapaci di reggere il mare,
prive delle più sofisticate tecnologie per la navigazione e
di adeguati sistemi di sicurezza; vere e proprie mine vaganti che
solcano indisturbate gli oceani e si incagliano o affondano alla
prima difficoltà, al minimo cambiamento delle condizioni
atmosferiche e spesso a causa dell’atteggiamento irresponsabile di
armatori senza scrupoli e di equipaggi inesperti.
Alle Galapagos il rischio è ancora maggiore essendo un’ area
non sufficientemente protetta, crocevia di traffici commerciali
incontrollati e priva di regolamenti locali adeguatamente severi.
Un disastro annunciato, quindi, che sarebbe però potuto
diventare fatale per il delicatissimo ecosistema
dell’arcipelago.
Nelle ultime settimane, veterinari e naturalisti sono stati
impegnati a ripulire gli animali a rischio.
Migliorano le condizioni dei leoni marini ai quali erano state
riscontrate gravi infezioni agli occhi e la percentuale dei
cuccioli malati, che non hanno ancora la membrana protettiva degli
adulti, è scesa dal 50 al 20%. Il ciclo riproduttivo delle
tartarughe marine che vivono sulle coste dell’isola di Santa Cruz
è rimasto immutato. Albatros, pellicani e sule dalle zampe
blu rimasti contaminati dal petrolio e trasferiti a San Cristobal
per essere lavati, sono stati esposti a cure preventive. Anche il
famoso e amatissimo pinguino delle Galapagos può tirare un
sospiro di sollievo: il suo habitat è salvo e per i prossimi
tre anni sarà rigorosamente protetto e sotto strettissima
sorveglianza. Pericolo rientrato, dunque, ma per quanto ancora ci
si dovrà affidare alla buona sorte? L’Organizzazione
mondiale per la tutela dell’ambiente ritiene ormai di vitale
importanza che le Galapagos, che L’Unesco ha dichiarato patrimonio
dell’umanità nel 1978, vengano protette adeguatamente con
leggi severissime.
Intanto, la fondazione Darwin ha elaborato alcuni punti su cui
lavorare per il futuro delle Galapagos: limitare la pesca turistica
e industriale; regolamentare il traffico marittimo di navi;
realizzare nell’immediato programmi di protezione delle specie
animali, molte delle quali a rischio d’estinzione, che abitano
l’arcipelago.
Perché tutto ciò non venga archiviato tra le cose da
dimenticare, nella quotidianità svilente di una
società sempre più interessata alla logica del
profitto.
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