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Se osserviamo un bambino molto piccolo che gioca, ci rendiamo conto subito che è divertito, può passare diversi minuti a sorridere per gli effetti provocati dalla propria attività.
Alle prese con i sonaglini colorati e con gli oggetti di uso
comune, li percuote, li fa cadere a terra, li esplora con la bocca,
con gli occhi con la pelle; questi giochi motori iniziali
apparentemente di poco significato, acquisiscono nel tempo valore
di vero e proprio piacere se in qualche modo il senso di piacere e
di scoperta tratto dall’attività è rinforzato dalla
presenza di qualcuno che approva e sottolinea la “bravura” del
bambino, per esempio giocando con lui, stando soprattutto in
relazione affettiva e accompagnando il tutto con frasi di
ammirazione e interesse sincero.
Anche il gioco è quindi non solo fonte di apprendimento, ma
anche di un piacere particolare perché questo tipo di
apprendimento riguarda la persona in rapporto con il mondo reale e
gli esiti positivi accrescono la stima di sé, perno intorno
al quale si costruisce il piacere di vivere e di guardare al
futuro.
Il piacere originario di stare in relazione con l’altro da
sé mentre esplora il mondo sentendosi amato e rispecchiato
anche e proprio per questo, dà al bambino la forza di
continuare ad esplorarlo ma soprattutto di trarre piacere da questa
esplorazione. Questo esplorare avviene attraverso la stimolazione
di tutti gli organi di senso e la messa in atto di competenze
quindi stimola l’intelligenza.
Lo stesso sentimento dell’acquisire competenza è fonte di
piacere e dà luogo ad un senso di potenza, di forza, di
vitalità.
Il bambino si sente potente e importante nel momento in cui impara
a camminare perché scopre la piacevolezza della conquista,
sente che può diventare grande come gli adulti che lo
circondano, adulti che si compiacciono delle sue conquiste e che
lui ama compiacere perché “dipendente” da loro. Il
rispecchiamento fornito dagli adulti è ciò che fa da
propulsore alla crescita e sostiene lo sviluppo della stima di
sé, condizione necessaria per instaurare una buona relazione
con l’altro e con se stessi.
Flavia Facco
Psicologa Psicoterapeuta
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