Golfo del Messico: nuovo incidente, stessi timori

A quasi cinque mesi di distanza dall’esplosione della piattaforma petrolifera della British Petroleum, il due settembre è esplosa una seconda piattaforma petrolifera off-shore, di proprietà della compagnia Mariner Energy, nel…

A quasi cinque mesi di distanza dall’esplosione
della piattaforma petrolifera della British Petroleum, il due
settembre è esplosa una seconda piattaforma petrolifera
off-shore, di proprietà della compagnia Mariner Energy, nel
Golfo del Messico, al largo delle coste della Louisiana. Nessuno
dei tredici operai al lavoro sulla piattaforma al momento
dell’incidente è rimasto ferito e tutti sono stati tratti in
salvo su un’altra struttura grazie al tempestivo intervento della
Guardia costiera statunitense.

L’incidente ha causato un incendio, ora domato, e una fuoriuscita
di greggio che però non ha provocato grosse preoccupazioni
né il tanto temuto effetto “onda nera” verso le coste
americane. Oggi, anche il governo USA, pur precisando la sua
disponibilità ad intervenire in caso di inquinamento delle
acque, ha confermato che la piattaforma non sembra riversare
petrolio grazie al fatto che, al momento dell’esplosione, la
piattaforma era praticamente inattiva perché sottoposta a
operazioni di manutenzione.

Il nuovo episodio è avvenuto a meno di 24 ore dal tentativo
congiunto di diverse compagnie petrolifere, inclusa la Mariner
Energy, di fermare la moratoria sulle perforazioni in acque
profonde in vigore dall’incidente dello scorso aprile. Le
compagnie, infatti, considerano la moratoria un ulteriore disastro
finanziario per tutti coloro che sulle coste del Golfo del Messico
ci abitano e ci lavorano. Al contrario, le diverse associazioni
ambientaliste, ancora oggi impegnate a far tornare alla
normalità la situazione in seguito al disastro della
piattaforma della BP, si dicono ancor più preoccupate per la
pericolosità, oramai evidente, che l’estrazione petrolifera
in acque profonde comporta.

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