
I servizi digitali hanno un forte impatto ambientale ma possono trainare la transizione. Il caso di Cisco, che punta alla neutralità carbonica nel 2040.
Google l’ha fatto, finalmente. Ha deciso di svelare per la prima volta la propria impronta ecologica globale. Durante una conferenza ha chiamato a raccolta giornalisti provenienti da tutto il mondo.
Le emissioni di gas serra provocate da
Google sono pari a 1,5 milioni di tonnellate
ogni anno. Una cifra equivalente a quelle prodotte dalle Nazioni
Unite per organizzare tutte le conferenze e attività nel
corso di un anno. O leggermente superiori a quelle del Laos, uno
stato del Sud-est asiatico che ha una popolazione di circa 6
milioni e 200 mila abitanti.
Google ha voluto precisare, però, che rispetto a
un’azienda tradizionale, i suoi server consumano mediamente il 50
per cento in meno. Ad esempio, Gmail è fino a 80 volte meno
inquinante rispetto ai servizi di posta elettronica
tradizionali.
Nonostante a Mountain View abbiano iniziato a impegnarsi per
ridurre i consumi energetici e a incrementare la fetta di
elettricità prodotta da fonti rinnovabili, la
carbon footprint della società californiana
ha continuato a crescere a causa dell’aumento di iscritti e di
servizi. Un utente medio che utilizza i vari prodotti messi a
disposizione da Google produce 1,46 kg di anidride carbonica in un
anno.
Fare una ricerca sul motore di ricerca più diffuso al
mondo ha un impatto pari a 0,2 grammi, mentre guardare un video di
dieci minuti su YouTube produce 1 grammo di CO2. Vi
sembra tanto? Non secondo gli addetti ai lavori che hanno calcolato
che per eguagliare il consumo di energia derivante dalla produzione
e dall’acquisto di un DVD bisognerebbe guardare video su YouTube
per 72 ore. Senza fermarsi mai.
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