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Nelle regioni sciistiche delle Alpi, per far fronte alle scarse nevicate di quest’anno, si utilizza la neve artificiale. Per i turisti va bene, per l’ambiente no.
La neve artificiale viene prodotta da acqua, aria ed energia. I
cannoni spruzzano in un grosso quantitativo di aria piccole gocce
d’acqua. La gran parte delle goccioline si raffredda e gela
formando dei cristalli di ghiaccio e delle goccioline congelate che
cadono come neve artificiale sul terreno. Questo processo è
possibile solo con temperature al di sotto dei -3°C, in
situazioni di umidità relativa al di sotto del 80% e con
l’utilizzo di acqua al di sotto dei 2°C.
Il consumo energetico per metro quadrato di pista varia tra i 0.2 e
i 2.8 kWh, ovvero dai 20.00 ai 27.000 kWh per ettaro (in media
13.000 kWh). Per dare un ordine di grandezza: un’economia domestica
di quattro persone consuma in media dai 3.000 ai 7.000 kWh
all’anno!
Il consumo di acqua per l’innevamento di base e gli innevamenti
successivi si aggira tra i 200 e i 600 litri per metro quadrato
ogni stagione. L’acqua viene solitamente attinta da fiumi, ruscelli
o dalla rete idrica in un periodo in cui l’acqua in forma liquida
scarseggia già di per sé. Se la temperatura
dell’acqua attinta è troppo alta è necessario
raffreddarla in speciali torri di raffreddamento.
Con la costruzione degli impianti per la neve artificiale è
necessaria la posa delle condutture per l’acqua e dei cavi per
l’elettricità. Questo comporta un pesante intervento sul
terreno con scavatrici. Ad alta quota la vegetazione non si
riprende che dopo diversi anni. Disturbi e perdite alla
vegetazione, all’humus e alla fauna del suolo ne sono la spiacevole
conseguenza.
La vegetazione alpina è altamente specializzata nella
sopravvivenza a condizioni climatiche estreme. Con una stagione
vegetativa relativamente corta le possibilità rigenerative
sono assai limitate. L’innevamento artificiale accorcia
ulteriormente questo periodo vitale.
Infine l’innalzamento continuo della temperatura rischia di rendere
vani almeno in parte i grossi investimenti in atto. Innevare
artificialmente al di sotto dei 1.500 metri comporterà tra
breve un utilizzo di additivi chimici o biologici (batteri morti
modificati geneticamente) che facilitano la cristallizzazione
dell’acqua, con conseguenze che possono essere pesantissime per la
flora alpina.
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