Il calore di un data center riscalderà l’università

L’Istituto Federale Svizzero per la Tecnologia (ETH) di Zurigo e IBM hanno annunciato il progetto per la costruzione di un supercomputer raffreddato ad acqua.

Aquasar verrà realizzato presso l’ETH di Zurigo e
comincerà le operazioni nel 2010, ridurrà i consumi
totali di energia del 40%. Il sistema si basa su un accordo di
collaborazione a lungo termine tra scienziati dell’ETH e di IBM nel
campo del raffreddamento ad acqua a livello chip.

In effetti i consumi di energia maggiori in un data center
medio, raffreddato ad aria, non sono dovuti ai processi di
elaborazione stessi, ma al fabbisogno di alimentazione dei sistemi
di raffreddamento, necessari per impedire il sovrariscaldamento dei
processori.

“L’energia rappresenta probabilmente la sfida numero uno che
l’umanità dovrà affrontare nel 21esimo secolo. Non
possiamo più permetterci di progettare sistemi di
elaborazione basati sui soli criteri della velocità e della
potenza di elaborazione”, spiega il Prof. Dott. Poulikakos dell’ETH
di Zurigo, a capo del Laboratorio di Termodinamica nelle Tecnologie
Emergenti e principale ricercatore di questo progetto
interdisciplinare. “Il nuovo obiettivo deve essere una performance
elevata e un basso consumo netto per i supercomputers e i data
centers. Questo significa raffreddamento liquido.”

Perché l’acqua? L’acqua ha una capacità di
catturare il calore circa 4.000 volte più efficiente
dell’aria. Un raffreddamento con acqua a 60°C è in grado
di mantenere il chip molto al di sotto del limite permesso di
85°C. Per il raffreddamento del supercomputer saranno necessari
circa 10 litri di acqua, e una pompa assicurerà un flusso di
circa 30 litri al minuto. L’intero sistema di raffreddamento
è a circuito chiuso: l’acqua di raffreddamento viene
riscaldata costantemente dai chip e quindi raffreddata fino alla
temperatura voluta durante il passaggio attraverso uno scambiatore
di calore passivo, con il risultato di trasferire il calore rimosso
direttamente al sistema di riscaldamento dell’università in
questa fase sperimentale.

“Se catturiamo il calore in eccesso dai componenti attivi in un
computer nel modo più efficiente possibile e lo trasportiamo
– spiega il Dr. Bruno Michel, Manager Advanced Thermal Packaging al
Laboratorio di Ricerca di Zurigo di IBM – possiamo riutilizzarlo
come risorsa, risparmiando energia e abbassando le emissioni di
carbonio”.

Certo l’idea è originale, ma pensare di riscaldare
l’ambiente con il calore generato da un data center ha certamente
qualcosa di geniale.

Rudi Bressa

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