Il giardino sacro

Intimamente connessa con il sentimento del sacro, l’idea del giardino coincide con l’immagine di un luogo dove celebrare le meraviglie del creato.

Nel mondo civile e moderno caratterizzato dallo sviluppo
tecnologico, dalla concentrazione in aree di milioni di persone,
dal suo caratteristico colore grigio, dal viavai di gente
incolonnata ai supermercati, la natura si svela ai nostri occhi
come un’oasi di pace agognata ma inarrivabile se non durante i
week-end, simbolo di una vita salubre ormai scappata, sfuggita per
aver lasciato il posto a una comodità cesellata col
benessere e l’arte dello spendere. Come vediamo e usiamo, oggi, la
nostra natura? essa ci si offre nelle campagne con culture
intensive e sempre più artificiali -dicono per poter
aumentare la quantità e migliorare la qualità; in
città diventa un polmone di sfogo dall’assedio del cemento
(uno standard urbanistico sul quale si misurava la qualità
della vita urbana era il rapporto metri quadri di verde per ciascun
abitante); infine la ritroviamo nei giardini privati come rifugio
in cui trovare quiete e riposo. Quindi oggi la natura svolge
compiti funzionali e ha perduto un autonomo valore evocativo.
Secondo la Bibbia l’umanità è nata in un giardino in
cui il mondo stesso è un giardino, dove non esiste
distinzione fra ciò che è bello e ciò che
è utile, fra contemplazione e necessità, fra fiori e
frutti. Poi, da quando l’uomo fu scacciato dall’Eden ha tentato di
ricostruire frammenti di quel giardino originario e perfetto.
L’idea del giardino coincide con l’immagine di un luogo dove
celebrare le meraviglie del creato e di conseguenza è
connessa con il sentimento del sacro. Sono sacri i giardini che
circondano le tombe dei dignitari egizi, concepiti come minuzioso
regesto di tutte le essenze conosciute. Sacri i giardini pensili di
Babilonia, in cui una vegetazione rigogliosa si sovrappone alla
struttura gradinata dell’edificio rituale del tempio. Sacro ancora
il giardino persiano, dove l’acqua e gli alberi sono disposti
secondo una regolarità geometrica, la cui scansione
riverbera i principi morali dell’ordine universale. In questo caso
il disegno dei tappeti è il disegno del giardino celeste
Governata dalle leggi di un sereno rigore, la natura dispensa nel
giardino i propri doni, mimando la perfetta generosità
dell’universo originario. Nella cultura greca, la cui
civiltà non tende alle dolcezze del giardino medio
orientale, non è un caso che non vi sia una parola con cui
designare il giardino, così come in quella latina. Il
termine greco “kopos” e quello latino “hortus” indicano soltanto un
recinto, un muro posto a protezione di un’area coltivata. Che ne
sarà degli dei? Agli dei sarà allora ritagliato nella
campagna un recinto contenente le stesse essenze dei campi
circostanti: la vite, l’ulivo, il nocciuolo… L’orto sacro,
affidato alle cure di vestali e sacerdoti, si accompagnerà
al tempio, mediando lo stacco fra il bosco, residenza degli dei, e
la città, residenza degli uomini. Mentre il giardino
farà da tramite tra l’uomo e il paesaggio, e sarà
orto rituale in cui all’affanno del raccolto si sostituisce il
piacere riconoscente per le messi.

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