
L’etichetta di un alimento deve riportare la data di scadenza o il termine minimo di conservazione. Ecco la differenza e come comportarsi davanti a un cibo scaduto.
In questi ultimi decenni il grano è stato “nanizzato”, attraverso incroci, ibridazioni e irradiazione con raggi gamma al fine di migliorarne la resa produttiva.
Un’indagine della Società Italiana di gastroenterologia ed
epatologia pediatrica effettuata su 17 mila studenti delle scuole
medie inferiori, ha evidenziato che uno studente su 150 è
celiaco, ovvero intollerante al glutine.
Considerando che qualche decennio fa la frequenza era di un caso su
1000-2000, viene spontaneo chiedersi come mai si sia passati, in
così poco tempo, da un’incidenza relativamente bassa ad
un’incidenza notevolmente più alta. Inoltre, le previsioni
degli esperti parlano di un ulteriore aumento dei celiaci nel
prossimo futuro.
Di fronte a questa situazione, appare ovvio che la causa sia da
ricercare più nel tipo di frumento attualmente consumato,
che non nel fatto stesso di mangiare frumento. Basti pensare che
l’uomo ha consumato per millenni questo alimento senza aver
acquisito intolleranza.
Il frumento del passato era ad alto fusto e si piegava facilmente
sotto l’azione del vento e della pioggia. In questi ultimi decenni
il frumento originario è stato “nanizzato”, attraverso
incroci, ibridazioni e irradiazione con raggi gamma al fine di
migliorarne la resa produttiva.
Sembra fondata l’ipotesi, che alla modifica del cereale in
questione sia correlato il cambiamento della sua proteina, e in
particolare di una sua frazione chiamata gliadina, responsabile del
malassorbimento degli alimenti e, conseguentemente, della comparsa
di celiachia nell’individuo.
E’ evidente la necessità di dimostrare scientificamente la
differenza della composizione aminoacidica della gliadina del
frumento nanizzato e in particolare della frazione III di Frazer,
rispetto al frumento originario, tanto più che in tempi di
organismi geneticamente modificati potrebbe essere opportuno
verificare se già dalle semplici ibridazioni delle sementi
sia scaturito un aumento delle intolleranze.
Qualora venisse dimostrata l’anomalia sopra descritta, la
coltivazione del frumento irradiato dovrebbe cessare, prima che
tutte le future generazioni diventino intolleranti al glutine.
Prof. Luciano Pecchiai
Primario Patologo,
Emerito dell’Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi” di Milano,
direttore dal 1960 del Centro di Eubiotica Umana di Milano
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