La musica ascoltata in streaming online non è esente dall’ incremento dei rischi per l’ambiente.
Anche se aver ridotto la produzione di musica – cd, vinili,
dvd – può sembrare un bene per l’ambiente, esiste un lato
oscuro nell’ascolto di musica in streaming.
Secondo un rapporto pubblicato su Music Tank, un ente di ricerca e sviluppo
dell’università di Westminster, dal titolo “The dark side of
the tune: the hidden energy cost of digital music consumption”
scritto da Dagfinn Bach, riprodurre un album online per
27 volte (ad esempio una al giorno per un mese su
Youtube o
Spotify)
richiederebbe più energia che produrre e distribuire una
copia reale.
“La musica digitale non è sospesa in un limbo
ambientale. Mentre diventa sempre più raro l’abbattimento di
piante per stampare cd e vinili e sempre meno i camion necessari
per portarli nei negozi di dischi – afferma Bach – l’aumento del
traffico online dovuto alla riproduzione di contenuti digitali
comporta anche un incremento dei rischi per l’ambiente”.
Come già emerso per Google, Facebook e altri social
network, il problema principale è dovuto agli enormi
server che stanno dietro alle pagine visualizzate sui
nostri schermi: molto spesso alimentati con energia prodotta
attraverso combustibili fossili, come carbone e petrolio.
Il consiglio potrebbe essere tornare ad acquistare i
classici, collezionare la discografia del proprio artista
prediletto e scegliere lo streaming per la musica nuova, da un
ascolto e via. Ma la domanda sorge spontanea. Quanto consuma
riprodurre per 27 volte un album nel giradischi di casa?

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