È la domanda che ci ponete più spesso. Abbiamo provato a dare alcune risposte e a dare delle buone ragioni per investire in brand etici.
Il peso dei danni: non solo lacrime e sangue
I costi delle catastrofi ambientali non sono solo quelli delle vittime o delle fasi di emergenza, ma possono influenzare nel tempo l’economia di un Paese e la vita delle persone.
Il 1999 fu “annus horribilis” per le catastrofi naturali nel mondo
in termini di vittime (oltre 105.000) e costi (il valore dei danni
superò i 100 miliardi di dollari, mentre secondo i calcoli
della Swiss Re, le compagnie di assicurazione pagarono un totale di
28,6 miliardi di dollari). Nel XX° secolo solo per le alluvioni
vi furono oltre 9 milioni di morti e nel periodo 1971-95 la Croce
rossa calcolò ben 200.000 vittime nel solo Bangladesh, con
una popolazione complessiva coinvolta da questi disastri pari ad
oltre 1,5 miliardi di persone.
Con l’inizio del nuovo millennio le cose, se possibile, sono
peggiorate: in questo breve periodo oltre 500 disastri hanno
provocato circa 10.000 morti, 200 milioni di persone colpite, 70
miliardi di dollari di danni, con la Cina che è balzata in
testa a questa poco invidiabile classifica. Per non citare i danni
provocati in Europa centrale dall’ultima alluvione dell’agosto
2002, che ha inciso per oltre l’1% del PIL della sola Germania.
L’Italia non è da meno: in media durante l’ultimo decennio
si sono spesi ogni anno oltre 3.500 milioni di euro per affrontare
le emergenze idrogeologiche, con risultati che non hanno risolto il
problema. Il grosso di queste risorse (oltre l’85%) è
servito per tamponare e ripristinare i danni e meno del 15%
è stato investito per rafforzare in termini preventivi il
territorio circostante. Tra l’altro dei circa 1800 milioni di euro
previsti nell’ultimo quadriennio per interventi di difesa e
assestamento territoriale, solo il 40% sono stati spesi.
Soluzioni.
E’ necessario utilizzare subito le risorse economiche a
disposizione e con una nuova ripartizione degli investimenti, da
destinarsi alla riforestazione estesa soprattutto in aree montane,
alla creazione di casse di espansione e golene aperte per i fiumi,
ad accordi (es. con gli agricoltori) per la piccola manutenzione
diffusa del territorio, ad un aumento del monitoraggio ambientale a
livello locale. Si tratta di azioni poco costose (e poco eclatanti)
ma che consentirebbero di risparmiare migliaia di milioni di euro
già nell’immediato futuro.
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