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L’iter del più controverso ponte della storia italiana inizierà lunedì, 24 febbraio, in Commissione di Valutazione di impatto ambientale
L’iter del più controverso ponte della storia italiana
inizierà lunedì, 24 febbraio, in Commissione di
Valutazione di impatto ambientale (Via) del Ministero
dell’Ambiente.
Con i suoi 3.300 metri di “luce” sarà il ponte sospeso
più lungo del mondo: il suo gemello più prossimo,
quello giapponese di Kaikyo, con 1.991 metri di campata, raggiunge
solo due terzi della sua lunghezza e, soprattutto, non deve
sopportare il carico della ferrovia, perché ci passano solo
auto. Su un’opera di queste dimensioni non si possono accettare
sconti, come fa, invece, la Via semplificata, introdotta dalla
legge obiettivo, di cui il ponte di Messina è il figlio
primogenito.
Troppa improvvisazione e troppi problemi irrisolti nel progetto
preliminare per dare il via libera, puntando su “poi vedremo”,
è l’opinione di ambientalisti e molti esperti.
A questa carenza si aggiunge la mancanza totale della Valutazione
ambientale strategica, in violazione della normativa italiana ed
europea, ovvero di quella valutazione che consente di identificare
area per area l’insieme dei problemi esistenti, tenendo in giusta
considerazione le esigenze e le singole istanze territoriali.
Questo è solo il primo dei gap dell’imponente opera
pubblica. Gli ambientalisti sostengono che il ponte costituisce un
freno allo sviluppo del cabotaggio marittimo e delle autostrade del
mare, in contrasto con gli obiettivi del piano generale trasporti.
Inoltre, non è stato programmato coerentemente con le
vocazioni dei territori attraversati. Ma soprattutto sono
assolutamente ingiustificati le stime riguardanti la crescita dei
flussi di traffico, che oscillano tra il 30 e il 50 per cento in
più rispetto all’attuale. Anche confrontate con le
previsioni degli advisor internazionali non stanno in piedi.
Il ponte, insomma, rischia di servire una mole di traffico sempre
più inconsistente e questo significa porre una pesante
ipoteca sulla redditività dell’opera. “Oggi tra i due capi
dello Stretto passano sette milioni di auto l’anno – spiega il
responsabile Rapporti istituzionali del Wwf, Gaetano Benedetto – la
Società Stretto di Messina calcola che l’ammortamento dei
costi di costruzione, 4,6 miliardi di euro, si avrebbe in 30 anni
nel caso si arrivasse a 15 milioni di transiti e in 50 anni se si
calcolano 10 milioni. Questo dando per scontato che il pedaggio non
superi i 10 euro”.
Da non sottovalutare, infine, il rischio sismico lanciato
dall’Enea, in uno studio presentato mercoledì alla stampa.
Lo Stretto di Messina si muove, a causa dello spostamento della
placca continentale europea e africana. Ma lo studio preliminare
non ha ancora preso in considerazione i movimenti della costa. Le
analisi condotte dall’Enea hanno dimostrato l’esistenza di un
sollevamento continuo di circa due millimetri l’anno per le coste
calabresi e di 0,5 millimetri per quella siciliana. Inoltre, le due
regioni registrano uno spostamento orizzontale di allontanamento di
circa un centimetro l’anno, che non viene rilevato dagli strumenti
scientifici, ma che sta caricando la faglia dello Stretto e che si
scaricherà in un terremoto, in futuro. Se si trattasse, come
probabile, di un sisma della stessa importanza di quello del 1908,
le punte dello Stretto potrebbero allontanarsi, ma anche
sollevarsi, fino ad un metro.
Per l’amministratore delegato della società Stretto di
Messina si tratta di “movimenti ininfluenti”, ma gli ambientalisti
si chiedono a cosa serva un ponte del genere, con tutti questi
“buchi irrisolti”, quando, invece, la gente del Sud chiede
sviluppo, lavoro e ambiente.
“Di fronte a queste richieste Berlusconi – dice il presidente di
Legambiente, Ermete Realacci – si comporta come Maria Antonietta
che, quando il popolo francese chiedeva pane, rispondeva “dategli
le brioches”
Silvia Perdichizzi
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