Greenpeace pubblica per la quinta volta la classifica delle aziende del settore dell’informatica che si sono distinte per l’impegno ambientale. Per stilare il ranking, l’associazione ha tenuto conto delle politiche di approvvigionamento energetico, della disponibilità ad assumere impegni per ridurre l’impronta e dell’impegno nella promozione delle fonti rinnovabili. Tra le 21 aziende prese in considerazione, a vincire la medaglia d’oro di gigante informatico più pulito è stata Google, in virtù dell’impegno sia nello sviluppo di energie alternative negli Stati Uniti, sia nella volontà di riduzione delle emissioni in Europa dal 20% al 30% entro il 2020. In seconda posizione Cisco seguita da Dell, che si sono distinte per essere riuscite a rifornire, a livello globale, ciascuna delle loro infrastrutture con almeno il 20% di energia da fonti rinnovabili. “I colossi delle nuove tecnologie hanno le potenzialità per cambiare i modi di produzione e utilizzo dell’energia. La nostra ricerca – ha dichiarato Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia – premia Google per la coerenza dei suoi investimenti con le linee di sviluppo sostenibile che l’azienda rivendica: stanno investendo davvero in energie rinnovabili”. Una stima fornita dallo studio del 2008 “SMART 2020″, afferma che il settore dell’Information Technology è responsabile del 2% delle emissioni globali di gas ad effetto serra. Greenpeace ha inoltre calcolato che nel caso dell’adozione di soluzioni come il Cloud Computing, ci sarebbe un incremento del 70% dei consumi elettrici, consumi pari alle richieste di Francia, Germania, Canada e Brasile messi insieme. Un’enormità. “L’industria IT – continua Boraschi – deve usare il suo potenziale d’innovazione e il suo know-how tecnologico per dare avvio a una vera rivoluzione energetica. Ad oggi registriamo un gran parlare di questioni energetiche da parte di molte compagnie dell’IT, ma alle parole spesso corrispondono pochi fatti”. Tra i buoni esempi si è sicuramente distinta l’azienda giapponese di telecomunicazioni Softbank che, subito dopo l’incidente di Fukushima, ha sostenuto l’immediato abbandono dell’energia nucleare e l’uso di fonti pulite e più sicure. I grandi assenti Le due aziende che continuano ad essere escluse sono Apple e Facebook. La prima, come sottolineato dal rapporto, nonostante gli enormi profitti non ha dichiarato alcun intento nel settore energetico né ha deciso di sfruttare opportunità e soluzioni già adottate da alcune aziende concorrenti. La seconda verrà inclusa nella prossima classifica, vista la decisione di cambiare le proprie politiche impegnandosi a utilizzare energia da fonti rinnovabili e annunciando di permettere agli utenti di valutare i loro consumi energetici.