Impronte di una cantastorie

Solare, sorridente, elegante: Loreena McKennitt, canadese di nascita, una delle cantanti di musica celtica più famose e conosciute. L’abbiamo incontrata.

Ecco la nostra intervista con questa cantastorie molto speciale.

Parliamo del tuo ultimo album, “Troubadours on the Rhine”:
è una trio performance molto particolare. Ci racconti
com’è nato e qual è il suo legame con la storia
celtica, visto che il tour dedicato si chiama Celtic Footprints
(impronte celtiche)?
“Troubadours on the Rhine” è un
progetto insolito perché in realtà si è
trattato di un programma radiofonico che abbiamo registrato l’anno
scorso per una radio tedesca mentre eravo in viaggio con la band
per promuovere il precedente album, “The wind that shakes the
barley”, in cui seguivo la storia dei Celti. In quel periodo mi
stavo prendendo cura di mia madre, che era molto malata, e non
potevo andare alla ricerca di ispirazione in altri Paesi. Nel
frattempo le persone che mi avevano seguita nel corso degli anni mi
domandavano se avessi considerato di registrare un altro disco
sulla musica tradizionale. Così, finché non potevo
allontanarmi da casa, ho deciso che questo sarebbe stato un buon
progetto da seguire. Abbiamo registrato “The wind that shakes the
barley” ormai un paio d’anni fa e poi la scorsa primavera abbiamo
fatto una piccola promozione del disco in Svezia, Germania, Spagna
e Turchia. Così “Troubadours on the Rhine” è nato
durante un programma radio per promuovere “The wind that shakes the
barley”.

Nel corso della tua carriera ti sei lasciata ispirare da
culture diverse, diversi periodi temporali e differenti autori.
Qual è il senso di raccontare oggi le antiche storie, gli
antichi poemi? Come tutte queste storie possono vivere insieme in
armonia?
La storia ci dice molto su chi siamo noi oggi, dove
stiamo andando, perchè le cose sono come sono. Penso che se
vogliamo davvero comprendere il presente si ha la necessità
di comprendere prima il passato ed in questo senso le due cose sono
connesse. Quanto all’armonia, credo che sia un’altra questione:
penso che comprendere la storia ci dia il contesto, il background
delle cose, cercare di vederle in armonia è un altro modo di
considerarle. Apprezzare le differenze, ma anche condividere il
nostro modo di incoraggiare uguali opportunità dipende da
molti fattori ed è qualcosa di molto più complicato
da raggiungere!

Sei una persona molto eclettica, con tanti interessi e
anche tanti impegni sociali. L’ambiente rientra tra questi? Qual
è il tuo rapporto con la natura attorno a te, con le
stagioni…?
Cerco di supportare le iniziative ambientali
ogni volta che posso, ma non è il mio unico interesse. Sono
davvero molto connessa col mondo naturale, continuo a vivere in un
contesto rurale in Canada, sono cresciuta in una fattoria. Anche
ora ho il mio giardino, programmo molti dei miei impegni
professionali camminandoci dentro, cerco di stare nella natura
tutto il tempo che posso. I Celti per esempio erano molto ben
integrati col mondo naturale non diversamente dalle popolazioni di
“indiani” nativi del Canada. La loro spiritualità era
strettamente connessa con la natura. Quello che vorrei dire,
quindi, è che sento una continuazione con tutto questo.

Credi che la musica e l’arte possano cambiare le persone,
influenzarne lo spirito?
“Spiritualità” è una
parola buffa, spesso io penso che abbiamo bisogno di più
vocaboli nella lingua inglese per denotare alcune cose, come ad
esempio religione e spiritualità. Credo che molte persone
utilizzino proprio questa parola perché sentono e
sperimentano situazioni in modo profondo, anche se non
necessariamente collegate a un sentiero religioso. Piuttosto
ritengo che sentano una connessione, vogliano sentire una
connessione e vogliano sentirsi parte di qualcosa di olistico e
buono, sai, una sorta di armonia.

Il tuo però è anche un interesse
scientifico…
Si conducono molte ricerche sul cervello
e sul modo in cui i suoni producono effetti a livello fisiologico.
Penso che molte persone abbiano già osservato tutto questo
nel corso dei secoli. Sai, in quest’epoca abbiamo la musica rock
aggressiva, l’heavy metal e generi di questo tipo che producono
effetti particolari, fanno sentire più aggressivi, irritati
o irritabili. Se invece ad esempio ascoltiamo qualche bellissima
musica di Bach, magari in un edificio dalle architetture sfarzose
con ampi spazi, il risultato sarà qualcosa di molto
armonioso e molto piacevole. Il jazz, poi, dà effetti ancora
differenti… Credo che la musica sia come una “farmacia
orale”: in essa c’è uno strumento con cui puoi scegliere di
avere a che fare e che, sai, come una droga, può farti
sentire irritato, aggressivo, rilassato, disteso… Ma è
affascinante come si stia imparando che il corpo umano, e non solo
il corpo umano ma anche molte altre creature viventi, si rapportino
alla musica. La domanda non è “se” rispondono ai suoni, ma
“in quale modo” rispondono.

Qual è la cosa più importante che hai
imparato dai tuoi impegni lavorativi e sociali? Ti hanno cambiata?
Hanno cambiato i tuoi valori, il tuo stile di vita?
Ci sono
un po’ di cose da considerare… Innanzi tutto sono cresciuta in
Canada, in una città davvero piccola, ed era un tempo in cui
tutti conoscevano tutti, mio padre era un commerciante di bestiame,
mia madre faceva l’infermiera. Erano ottime persone, purtroppo ora
non ci sono più, ma credo che siano stati loro a instillarmi
il senso della comunità e credo che sia molto importante
guardare alla vita che c’è nel mondo prima che a se stessi,
in particolare quando possiamo metterci a servizio degli altri.
Credo che questo sia un enorme privilegio.Per quanto riguarda il
mio stile di vita…Nel momento in cui ho dovuto costruire la
mia carriera, la mia casa discografica, anche in quel caso è
stato molto difficile, dato che l’industria musicale non è
molto ben strutturata e ha aspetti corrotti. La sfida è
stata trovare il mio angolino e sopravvivere e non sentirmi
corrotta da tutto questo.

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