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Un inno d’amore per l’India, continente immenso, culla di moltissime religioni e civiltà.
Dominique Lapierre nel programma “Internazionale” di Claudio
Vigolo
Inizia con un innamoramento per una macchina questo libro.
Dominique Lapierre è a Londra per intervistare l’ultimo
vicerè dell’Impero Britannico in India e in una vetrina vede
una Rolls-Royce. Vuole portarla in India, dove andrà per
raccontare la storia dell’indipendenza dell’India dall’Impero
Britannico. E invece andrà in India su una vecchia
Rolls-Royce con il suo compagno di lavoro Larry Collins: è
l’inizio di una straordinaria storia d’amore, non per una macchina,
ma per un Paese e per la sua gente.
In questo libro Lapierre racconta tutti i colpi di fulmine che
l’hanno legato all’India in tutti questi anni e grazie alle
fotografie riusciamo meglio a percorrere il percorso che quest’uomo
ci racconta. Lo vediamo in mezzo alla gente, sorridente, con il
sole negli occhi. Con quello sguardo buono e coraggioso.
Già, il coraggio. Quello imparato dai bambini che l’hanno
eletto il loro “fratello maggiore”.
Sono tanti gli incontri che Lapierre ci racconta: quello con
Madre Teresa di Calcutta, quello con gli assassini del Mahatma
Ghandi, quello con James Stevens, fondatore del centro Udayan, che
salva migliaia di figli di lebbrosi dalla miseria e dalla malattia.
Ma l’incontro più lo colpisce, quello che fa davvero
scattare qualcosa nella sua mente e nel suo cuore, è quello
con gli abitanti dell’India. E così vivendo fianco a fianco
con loro e abitando nelle bidonvilles nascerà il primo
romanzo celebre di Lapierre, “La città della gioia” racconto
della baraccopoli di Calcutta di cui “India mon amour” ci racconta
numerosi retroscena.
Nel corso di questa storia d’amore, dal 1982 c’è un
cambiamento molto importante, perché Lapierre insieme a sua
moglie istituisce una
fondazione per creare progetti nel delta del
Gange e a Calcutta per migliorare la vita di bambini bisognosi,
lebbrosi e poliomielitici. Tutti i diritti d’autore dei libri di
Lapierre vengono infatti utilizzati per sostenere progetti
umanitari, perché come ci ricorda un proverbio indiano
citato all’inizio del libro: “Tutto ciò che non è
donato va perduto”. Un altro buon motivo per comprare questo
libro.
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