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“Se siamo in grado di progettare modi per renderci la vita difficile, possiamo progettarne altri per risolvere i nostri problemi”. L’abbiamo incontrato a Milano, alla Design Library.
Cosa ha a che fare il design con lo sviluppo sostenibile?
Il design possiede due facce: una sta nel fatto che ogni due tre minuti, in qualche parte nel mondo, il designer progetta e produce un oggetto. Ciò fa sì che vengano create troppe infrastrutture, rifiuti e un eccessivo consumo di energia. E questo in gran parte è colpa dei design. D’altra parte, credo che il design sia un opportunità per aiutare le persone a superare queste difficoltà, per esempio nel ridurre la produzione di rifiuti, nel ridurre il consumo di energie e risorse. E’ un periodo curioso, nel quale molti designers pensano che la soluzione sia quella di progettare nuovi prodotti eco, green, ma io non sono d’accordo, non credo a questa via; abbiamo già troppi prodotti. Si deve invertire la tendenza, progettare meno “cose” e aiutare la gente ad avere una migliore qualità della vita.
Nel suo libro “In the Bubble, design per un futuro sostenibile”, lei descrive molte esempi di design sostenibile: come può il design aiutare nello sviluppo sostenibile?
Personalmente credo che le soluzioni ai molti problemi vadano ricercate localmente, luogo per luogo. Il design in questo senso può aiutare non a produrre nuovi oggetti, ma la gente locale ad organizzare le proprie attività quotidiane in maniera più semplice. Come ad esempio la distribuzione dei prodotti alimentari direttamente dal produttore al consumatore o ad organizzare un modo diverso di mobilità. Credo che il design può aiutare a condividere gran parte delle risorse in maniera più efficiente.
Secondo quanto scrive Thackara nel suo libro, l’impatto ambientale di moltissimi dei prodotti, dei servizi e delle infrastrutture che ci circondano è determinato fino all’80% in fase di progetto. Ma sono numerosi i designers che oggi si impegnano nel creare servizi e infrastrutture meno dannosi e che migliorino la qualità della vita.
Qual è dunque la sua opinione sulle energie rinnovabili, come ad esempio il fotovoltaico o l’eolico?
Sono preoccupato per coloro che pensano che le energie rinnovabili sostituiranno velocemente le fonti fossili. Al momento solo il 3-4 % dell’energia utilizzata al mondo, proviene da fonti rinnovabili. Ma sono convinto che per sostituire la produzione di energia da fonti legate al carbonio con altre rinnovabili, avremmo bisogno di tre generazioni, e noi non abbiamo tre generazioni a disposizione. Mi dispiace ammetterlo, ma credo che alcune persone sbaglino quando credono che ci sarà un passaggio rapido ed indolore alle energie alternative. Dobbiamo ridurre radicalmente l’uso di energia e allo stesso tempo trovare il modo di vivere in maniera completamente differente.
Nel suo blog ho letto questa frase, questo concetto: “Abbiamo bisogno di un nuovo modo di agire e guardare al mondo”. Che cosa intende?
Immaginando che quando qualcuno guarda un grande palazzo o una costruzione possa pensare: “che bel palazzo”, penso che in futuro guarderemo con che tipo di materiali sotenibili e che tipo di energia è stata progettato lo stesso palazzo. Al momento non conosciamo la storia che sta dietro alla costruzione che so di un aeropporto, o ai materiali impiegati. Credo che la parte estetica debba essere sostituita da un migliore utilizzo dei materiali.
Come immagina le città del futuro, come saranno organizzate?
Non così diverse da come sono ora. Le attività saranno organizzate in maniera differente. Non credo che tutte le abitazioni potranno essere sostituite con edifici ecosostenibili, non abbiamo nè il denaro, né il tempo, nè le risorse per attuare un progetto del genere. Comunque quello che possiamo fare è localizzare le coltivazioni o l’utilizzo dell’acqua potabile. Vedremo nuove applicazioni nelle nostre case, come il riciclo dell’acqua o l’utilizzo di piante. Le città cambiarenno molto lentamente e saranno radicalmete diverse da come le conosciamo ora. Ciò che è importante da capire è che non sarà un Big Bang, ogni cosa cambierà in base alle possibilità.
Il passaggio verso la sostenibiltà dipenderà sicuramente dalle innovazioni tecnologiche e dalle loro applicazioni. Ma cosa più importante passerà attraverso un rinnovamento sociale: il passaggio verso un mondo fatto meno di cose e più di persone includerà un nuovo approcio nel modo in cui ci occupiamo uno dell’altro.
Qualcosa secondo lei sta cambiando? Anche a fronte dell’ultima crisi economica?
La crisi economica ha accelerato ancora di più questo cambiamento, che già stava avvenendo. Ho apprezzato l’esempio del sito “Wise earth”, che in poco tempo ha raggruppato più di 120 mila tra organizzazioni, aziende e persone che lavorano a livello locale allo sviluppo sostenibile. E sicuramente ci saranno altre migliaia di organizzazioni fuori da quel contesto e non visibili dai media tradizionali o dalla politica. Ma io sono molto ottimista. Il cambiamento parte dal basso e sarà molto molto grande.
Il cambiamento visto dal basso quindi… Ma come posso le persone attuare questo tipo di cambiamento?
Ho sempre incoraggiato le persone a non preoccuparsi troppo dei problemi globali, ma di guardare nel proprio piccolo, perché sono proprio le realtà locali a comporre quella globale. In molte zone ci sono gruppi di cittadini che dicono: “ok, cosa possiamo fare per consumare meno energia o per contrastare il cambiamento climatico? Facciamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno per preapararci nel migliore dei modi nel prossimo futuro. In molte zone sta avvenendo proprio questo.
Quindi sono le nostre relazioni che devono cambiare?
Le nostre relazioni interpersonali devono essere basate sulla fiducia e nel dare agli altri una possibilità. Parte del problema è quando pensiamo alla sostenibilità in modo troppo astratto. Se penso a come posso aiutare anche cinque persone nella mia città a coltivare del cibo insieme, o a stare insieme con i bambini, o come raccogliere dell’acqua o qualsiasi altra cosa, queste mi sembrano tutte cose molto pratiche e potrebbero essere interessanti e divertenti. E’ chiaro che occuparsi di qualcuno fa crescere le nostre relazioni, dalle quali dipendiamo.
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