
Il traffico aereo è responsabile del 2,4% delle emissioni di CO2, il che rende urgente l’avvio di azioni concrete da parte del settore per limitare l’impatto dei voli. L’esempio virtuoso di Air Dolomiti.
Il segretario generale dell’ONU Kofi Annan ha lanciato l’allarme: “I cambiamenti climatici non sono solo un problema dell’ambiente, ma una minaccia che comprende ognuno e ogni cosa”.
“Se il Protocollo di Kyoto che anche gli USA dovrebbero firmare
è un passo cruciale, questo è ancora troppo piccolo”.
Kofi Annan tuona, al
vertice del clima di Nairobi, lamentando anche “una
terribile mancanza di leadership” sul controllo dei gas serra, e
facendo presente la necessità di iniziare a controllare
anche le emissioni di India e Cina.
L’obiettivo del Protocollo di Kyoto.
Redatto
nella città giapponese l’11 dicembre 1997 e
entrato in vigore il 16 febbraio del 2005 dopo
l’adesione della Russia, il Protocollo contiene le indicazioni per
ridurre del cinque per cento, nel periodo 2008 – 2012, le
emissioni di CO2 rispetto a quelle del 1990.
Tra i Paesi che non aderiscono all’accordo balzano all’occhio
l’Australia e, soprattutto, gli Stati Uniti, responsabili, da soli,
di più del trenta per cento delle emissioni inquinanti
mondiali! Esclusi a priori i Paesi in via di sviluppo, secondo il
principio che i Paesi che hanno maggiormente contribuito al
problema dell’effetto serra devono adoperarsi per alleviarlo.
Il problema.
Lo ha fatto velatamente presente Kofi Annan: il Protocollo di Kyoto
è
uno strumento progettato dieci anni fa senza tenere
conto dell’esplosione
industriale di India e Cina nell’ultimo decennio. I
due stati asiatici pur avendo sottoscritto l’accordo non ne sono
vincolati, rientrando nello status privilegiato di Paesi in via di
sviluppo. Risultato, il meccanismo non sta centrando l’obiettivo.
Fra il 2000 e il 2004 le emissioni da parte dei Paesi
industrializzati sono aumentate dell’11%.
Le dichiarazioni di Kofi Annan non sono un fulmine a
ciel sereno.
Qualche giorno prima aveva destato
scalpore il rapporto commissionato dal governo britannico all’ex
dirigente della Banca mondiale Nicholas Stern, che ha affrontato il
problema dell’effetto
serra da un punto di vista prettamente economico. Ai
livelli attuali di
emissioni si rischia di andare incontro nei prossimi
decenni a
cataclismi (siccità,inondazioni,
uragani) che per essere risanati potrebbero
costare all’economia mondiale il 20% cento del
Pil.
Dopo il rapporto Stern il primo ministro britannico Tony Blair
aveva sottolineato la necessità di rinforzare e rendere
“effettivo” il Protocollo, a cominciare dallo studio di condizioni
per facilitare l’adesione degli Stati Uniti. E forse è
proprio il sì del gigante americano il sogno della
conferenza di Nairobi.
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