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Cos’è il Protocollo di Kyoto? A cosa servono i carbon credit? 9 semplici domande sul protocollo di Kyoto
Il Protocollo di Kyoto (1997, in vigore dal 2005) è l’accordo globale sul clima che impone dei limiti alle emissioni di CO2 dei paesi industrializzati. Per poter capire come funziona ecco alcune domande sul protocollo di Kyoto
E’ un accordo internazionale, firmato nell’ambito della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici del 1997, che prevede la riduzione complessiva del 5,2% dell’emissione di gas serra rispetto ad un anno di riferimento, il 1990. Per i paesi membri dell’Unione europea nel loro insieme la riduzione dovrà essere pari all’8% nel periodo 2008-2012.
È quindi un accordo che prevede di ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera.
Con l’entrata in vigore del Protocollo, gli stati firmatari hanno dovuto adeguarsi. Lo stato, a questo punto, deve impegnarsi a rispettare gli accordi presi al momento della ratifica del Protocollo. L’Italia, ad esempio, dovrà riuscire a ridurre le proprie emissioni del 6,5% rispetto al 1990. Può farlo solo attraverso un’adeguata politica energetica che coinvolga diversi settori, primo fra tutti quello industriale.
Lo stato dovrà promuovere quindi lo sviluppo delle energie rinnovabili, favorire le industrie più efficienti, e probabilmente tassare quelle inquinanti.
Centrali produttrici di corrente elettrica, raffinerie, acciaierie, cartiere le prime che dovranno adeguarsi al Protocollo di Kyoto. Per altri settori – come quello aeronautico, responsabile una sempre crescente quantità di emissioni in atmosfera- l’adeguamento è, invece, volontario.
Chi deve adeguarsi sono quindi le industrie che producono maggiori emissioni inquinanti.
In concreto, le aziende hanno due possibilità: la prima è quella di ridurre le proprie emissioni di CO2 spontaneamente, migliorando l’efficienza dei propri impianti. Sfruttare le fonti di energia rinnovabili anziché quelle fossili è una possibilità. La seconda strada è quella dell’acquisto di quote di emissione: ogni azienda ha un tetto di emissioni da rispettare. Si possono comprare quote di emissione da aziende più efficienti, andando così “in pari”.
Innovazione, ricerca e investimenti nelle nuove tecnologie sono le parole d’ordine.
Secondo il Protocollo di Kyoto, ogni stato può emettere una quantità fissa di anidride carbonica, che varia da Paese a Paese. Questa quantità prende il nome di “quote di carbonio”. Gli stati che hanno raggiunto un’efficienza tecnologica ed energetica maggiore, e che emettono meno CO2 di quella che è consentita loro, possono vendere le proprie quote non utilizzate agli stati meno efficienti, attraverso lo strumento di mercato detto “emission trading”.
I carbon credit sono quote di CO2.
La vendita di carbon credit avviene solo tra stati firmatari. Quelli che hanno ridotto le emissioni vendono le proprie quote eccedenti a quelli che hanno attuato una politica energetica meno efficiente, consentendo loro di rimanere in linea con le richieste del Protocollo.
Gli stati che vendono i carbon credit sono quelli che hanno promosso una politica volta all’efficienza energetica.
Si calcola tutto in CO2 perché è più efficiente. Utilizzare un’unica unità di misura (la tonnellata di CO2 equivalente, o Ton CO2eq) permette di confrontare diversi tipi di emissioni e di sapere, concretamente, quanto si sta inquinando. Il prezzo della compensazione di TonCO2eq dipende dal mercato, secondo la legge della domanda e dell’offerta.
A chi non rispetta i vincoli saranno sottratte quote di emissione per il periodo successivo, 2013-2017, pari a 1,3 volte le emissioni in eccesso del periodo di riferimento, 2008-2012. Esempio: se su 100 quote consentite un Paese ne emette 20 in più, nel periodo successivo gliene saranno sottratte 26. In più non potrà effettuare compravendita di quote finché non sarà di nuovo in regola.
In sostanza, chi non rispetta i vincoli dovrà affrontare spese sempre maggiori per rispettare i dettami del Protocollo.
Il Protocollo di Kyoto non obbliga i singoli a cambiare le proprie abitudini. Il suo grande merito, tuttavia, è stato quello di aver reso l’umanità cosciente del problema del cambiamento climatico. In breve, non si può più delegare: la responsabilità della situazione è di tutti.
Sta a ciascuno di noi fare qualcosa.
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