L’Avanti: Marco Roveda, quando il profit fa bene all’ambiente

Intervista di Anna Moccia per il quotidiano L’Avanti

Lei ha fatto del “bio” e dell’ “eco” la missione della sua
vita, fondando prima la Fattoria Scaldasole e poi LifeGate.
Risiedono dunque nella natura i segreti del suo
successo?
Sì, è affascinante pensare che
la forza generatrice della natura si incanali nelle mie imprese per
fiorire in modi diversi. Con Fattoria Scaldasole avevamo dimostrato
che si può fare business rispettando l’uomo e l’ambiente,
che l’ecologia poteva creare profitto. Avevamo creato la prima
industria People, Planet e Profit. Con LifeGate abbiamo creato
un’impresa che nasce per diffondere consapevolezza, valori,
progresso sostenibile: un nuovo stile di vita e un nuovo modello
economico.

Alla base delle iniziative di LifeGate le tre “P” – People,
Planet, Profit. Come riuscite a coniugare questi tre
aspetti?
“People, Planet, Profit” sono tre anelli della
stessa catena. “People”, la gente, è il soggetto senza il
quale non saremmo qui neppure a fare questo ragionamento, la gente
non è il mezzo, è il fine. La soddisfazione dei
bisogni della gente, il rispetto dei singoli esseri umani,
l’attenzione alla qualità dell’esistenza devono essere il
fulcro di qualsiasi ragionamento e iniziativa. La gente siamo noi.
“Planet”, il pianeta. È la terra su cui camminiamo e
abitiamo, è l’aria che respiriamo, è il cibo che
mangiamo, è l’acqua vitale. Non possiamo più vivere
alle spalle dell’ecosistema, dobbiamo riequilibrarlo. “Profit”, il
profitto, è quanto permette di soddisfare i bisogni primari
legati alla sopravvivenza, è indispensabile per vivere nella
società contemporanea. Ma è arrivato il momento di
renderci conto che il profitto da solo non basta. Senza le altre
due P, senza prendere in considerazione sia la gente che il
pianeta, non c’è armonia di vita. Non c’è neanche
vita.

Una radio, un sito web e un iMagazine per iPad: LifeGate
coinvolge i propri utenti a 360 gradi. Ma qual è il canale
che oggi “tira” di più?
Oggi direi tutto
ciò che presuppone l’interazione e la socialità.
Internet e i social network offrono oggi una ricchezza di
possibilità di comunicazione e di contenuti: mentre i vecchi
media erano “luoghi / insieme di pratiche” finalizzate alla
“comunicazione”, quelli nuovi sono finalizzati alla
“conversazione”. LifeGate si è tuffata in questa nuova
dimensione con entusiasmo, incoraggiando ogni persona a divenire
protagonista del cambiamento.

Tra i vostri progetti c’è Impatto Zero®,
soluzione con la quale le aziende possono compensare le proprie
emissioni di CO2 con la creazione di nuove foreste. Come nasce
quest’idea?
Impatto Zero® è il primo
progetto italiano, nato nel 2001, che concretizza gli intenti del
protocollo di Kyoto, ovvero il primo grande accordo mondiale per
ridurre le emissioni dannose per il clima. Ogni azione, evento,
prodotto genera delle emissioni di CO2. Impatto Zero® le
calcola, riduce e compensa le emissioni con la creazione e tutela
di foreste in crescita, il cui ruolo di “carbon sink” – la
capacità di assorbire la CO2 – è riconosciuto
dall’Onu e da ricerche scientifiche indipendenti. Ad oggi oltre 800
aziende, organizzazioni, enti pubblici e privati hanno aderito al
progetto compensando le emissioni derivate da attività,
consumi energetici ed eventi e i prodotti già sul mercato
con il marchio sono più di 350 milioni. Ma il vero intento
di Impatto Zero è culturale, cioè vuole suggerire che
è più corretto internalizzare i costi ambientali e
che è possibile ridurli, facendo sì che questa
operazione si traduca in un vantaggio.

Quali sono i presupposti che un’azienda deve possedere per
poter collaborare con voi?
Le aziende che collaborano
con noi vogliono proporre al mercato qualcosa di diverso. Sono
aziende che vogliono sostenere e incoraggiare un cambiamento, che
sanno che anche attraverso un prodotto si può diffondere
cultura e consapevolezza.

Se potesse consegnare il Premio 2011 per “l’azienda
italiana meno impattante”, lo darebbe a …?
Perché?
Sono molte, anche in Italia, le aziende
che hanno intrapreso percorsi di sostenibilità, ma prima di
dar loro un premio devono impegnarsi ancora moltissimo. Come ha
scritto Nazim Hikmet “il più bello di tutti i mari è
quello che non navigammo”.

E’ recente l’espansione al non profit con l’istituzione di
LifeGate Planet Onlus. Qual è l’obiettivo primario
dell’associazione?
LifeGate Planet Onlus è una
rete di attività e iniziative che vuole promuovere la
consapevolezza e l’attenzione all’ambiente, sensibilizzando
rispetto al nuovo bisogno primario dell’uomo, cioè
equilibrare l’ecosistema. Lo faremo con una varietà di
iniziative a sfondo culturale, coinvolgendo grandi protagonisti,
pensatori e testimoni della nostra epoca.

Lo scorso 22 aprile abbiamo festeggiato l’Earth Day. Come
possono contribuire i lettori alla salvaguardia del
Pianeta?
Tutti noi ci dobbiamo rendere conto che oggi
abbiamo un nuovo bisogno primario: riequilibrare l’ecosistema. Se
non vogliamo estinguerci dobbiamo farlo, è quindi
indispensabile che le persone acquisiscano consapevolezza.

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Intervista di Anna Moccia per il quotidiano L’Avanti a Marco Roveda, fondatore della Fattoria Scaldasole e poi di LifeGate.

Lei ha fatto del “bio” e dell’ “eco” la missione della sua
vita, fondando prima la Fattoria Scaldasole e poi LifeGate.
Risiedono dunque nella natura i segreti del suo
successo?
Sì, è affascinante pensare che
la forza generatrice della natura si incanali nelle mie imprese per
fiorire in modi diversi. Con Fattoria Scaldasole avevamo dimostrato
che si può fare business rispettando l’uomo e l’ambiente,
che l’ecologia poteva creare profitto. Avevamo creato la prima
industria People, Planet e Profit. Con LifeGate abbiamo creato
un’impresa che nasce per diffondere consapevolezza, valori,
progresso sostenibile: un nuovo stile di vita e un nuovo modello
economico.

Alla base delle iniziative di LifeGate le tre “P” – People,
Planet, Profit. Come riuscite a coniugare questi tre
aspetti?
“People, Planet, Profit” sono tre anelli della
stessa catena. “People”, la gente, è il soggetto senza il
quale non saremmo qui neppure a fare questo ragionamento, la gente
non è il mezzo, è il fine. La soddisfazione dei
bisogni della gente, il rispetto dei singoli esseri umani,
l’attenzione alla qualità dell’esistenza devono essere il
fulcro di qualsiasi ragionamento e iniziativa. La gente siamo noi.
“Planet”, il pianeta. È la terra su cui camminiamo e
abitiamo, è l’aria che respiriamo, è il cibo che
mangiamo, è l’acqua vitale. Non possiamo più vivere
alle spalle dell’ecosistema, dobbiamo riequilibrarlo. “Profit”, il
profitto, è quanto permette di soddisfare i bisogni primari
legati alla sopravvivenza, è indispensabile per vivere nella
società contemporanea. Ma è arrivato il momento di
renderci conto che il profitto da solo non basta. Senza le altre
due P, senza prendere in considerazione sia la gente che il
pianeta, non c’è armonia di vita. Non c’è neanche
vita.

Una radio, un sito web e un iMagazine per iPad: LifeGate
coinvolge i propri utenti a 360 gradi. Ma qual è il canale
che oggi “tira” di più?
Oggi direi tutto
ciò che presuppone l’interazione e la socialità.
Internet e i social network offrono oggi una ricchezza di
possibilità di comunicazione e di contenuti: mentre i vecchi
media erano “luoghi / insieme di pratiche” finalizzate alla
“comunicazione”, quelli nuovi sono finalizzati alla
“conversazione”. LifeGate si è tuffata in questa nuova
dimensione con entusiasmo, incoraggiando ogni persona a divenire
protagonista del cambiamento.

Tra i vostri progetti c’è Impatto Zero®,
soluzione con la quale le aziende possono compensare le proprie
emissioni di CO2 con la creazione di nuove foreste. Come nasce
quest’idea?
Impatto Zero® è il primo
progetto italiano, nato nel 2001, che concretizza gli intenti del
protocollo di Kyoto, ovvero il primo grande accordo mondiale per
ridurre le emissioni dannose per il clima. Ogni azione, evento,
prodotto genera delle emissioni di CO2. Impatto Zero® le
calcola, riduce e compensa le emissioni con la creazione e tutela
di foreste in crescita, il cui ruolo di “carbon sink” – la
capacità di assorbire la CO2 – è riconosciuto
dall’Onu e da ricerche scientifiche indipendenti. Ad oggi oltre 800
aziende, organizzazioni, enti pubblici e privati hanno aderito al
progetto compensando le emissioni derivate da attività,
consumi energetici ed eventi e i prodotti già sul mercato
con il marchio sono più di 350 milioni. Ma il vero intento
di Impatto Zero è culturale, cioè vuole suggerire che
è più corretto internalizzare i costi ambientali e
che è possibile ridurli, facendo sì che questa
operazione si traduca in un vantaggio.

Quali sono i presupposti che un’azienda deve possedere per
poter collaborare con voi?
Le aziende che collaborano
con noi vogliono proporre al mercato qualcosa di diverso. Sono
aziende che vogliono sostenere e incoraggiare un cambiamento, che
sanno che anche attraverso un prodotto si può diffondere
cultura e consapevolezza.

Se potesse consegnare il Premio 2011 per “l’azienda
italiana meno impattante”, lo darebbe a …?
Perché?
Sono molte, anche in Italia, le aziende
che hanno intrapreso percorsi di sostenibilità, ma prima di
dar loro un premio devono impegnarsi ancora moltissimo. Come ha
scritto Nazim Hikmet “il più bello di tutti i mari è
quello che non navigammo”.

E’ recente l’espansione al non profit con l’istituzione di
LifeGate Planet Onlus. Qual è l’obiettivo primario
dell’associazione?
LifeGate Planet Onlus è una
rete di attività e iniziative che vuole promuovere la
consapevolezza e l’attenzione all’ambiente, sensibilizzando
rispetto al nuovo bisogno primario dell’uomo, cioè
equilibrare l’ecosistema. Lo faremo con una varietà di
iniziative a sfondo culturale, coinvolgendo grandi protagonisti,
pensatori e testimoni della nostra epoca.

Lo scorso 22 aprile abbiamo festeggiato l’Earth Day. Come
possono contribuire i lettori alla salvaguardia del
Pianeta?
Tutti noi ci dobbiamo rendere conto che oggi
abbiamo un nuovo bisogno primario: riequilibrare l’ecosistema. Se
non vogliamo estinguerci dobbiamo farlo, è quindi
indispensabile che le persone acquisiscano consapevolezza.

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