L’impegno per salvare i primati

Con l’allarmante riduzione delle foreste si assiste alla progressiva scomparsa di questi animali, biologicamente simili all’uomo.

A causa del prelievo di legname e dell’aumento di attività
agricole e minerarie i primati vengono cacciati più
facilmente poiché il loro ambiente, un tempo inaccessibile
all’uomo, è ora attraversato da numerose strade. Inoltre
divengono cibo per gli abitanti locali e fonte di reddito per
commercianti senza scrupoli.
Per ottenere un cucciolo di scimpanzé o gorilla da
esportare, occorre spesso abbattere numerosi esemplari adulti.
Molti finiscono in catene o in gabbia per attirare i turisti altri,
ancora meno fortunati, sono utilizzati come cavie nella ricerca
biomedica.

Proprio perché i primati sono animali intelligenti, sociali
e sensibili, da alcuni anni il Great Ape Project (progetto Grande
Scimmia), con sede in Oregon (USA), promuove “l’uguaglianza
oltre l’umanità”
: l’organizzazione si prefigge di
ottenere per i primati il riconoscimento dei medesimi diritti
morali e quindi la stessa protezione legale che viene garantita
alla specie umana. In particolare si batte perché
scimpanzé, gorilla e oranghi non siano più legalmente
considerati oggetti, proprietà, bensì “persone”, e
perché valgano anche per loro i fondamentali diritti alla
vita, alla libertà individuale e la proibizione della
tortura.

Ma soprattutto in questi anni sorgono sempre più numerosi
centri di riabilitazione (come l’International Primate Protection
League), protezione (il Chimfunshi Wildlife Orphanage) e studi
scientifici (grazie a Jane Goodall) dei primati, per arginare il
rischio di estinzione che incombe su molte specie e per diminuirne
le sofferenze. Ben vengano: perché salvare i primati
comporta anche la protezione delle foreste, un ecosistema cruciale
per il pianeta.

Silvana Olivo

 

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