L’insegnamento della Semplicità

Semplicità è non chiudere nell’angolo le persone per far sì che dichiarino guerra a se stesse, al fine di far prevalere un’opinione.

Attraverso la trasparenza, l’Aria insegna la Semplicità.
Ciò che è opaco, ovvero non trasparente, assorbe e
non lascia passare. Non si lascia attraversare, ma riflette. La
trasparenza dell’aria insegna a non riflettere continuamente la
propria immagine dell’io che, per sua natura, cerca costantemente
di identificarsi con qualcosa.
Esser trasparenti, o semplici, con se stessi, è dunque un
concedersi di lasciar la presa nei confronti della nostra costante
identificazione. Si è ‘semplici’ quando si torna ad essere
naturalmente Umani, non c’è interesse a manifestare altro. E
questo è il primo grado di realizzazione della Via
dell’Aria.

Semplicità è un termine abusatissimo. Nelle 5 vie
dello yoga, va intesa come “non complicazione”, soprattutto dal
punto di vista mentale, come complicazione del pensiero. Per
spiegare questo termine è meglio parlare del suo opposto,
dire cosa “non è”.
Semplicità è non chiudere nell’angolo le persone per
far sì che dichiarino guerra a se stesse, al fine di far
prevalere un’opinione.

Il suo opposto è la continua difesa della propria importanza
personale, della propria immagine. La lotta contro l’offesa
è cosa naturale, ma semplicità non è la lotta
di chi passa la vita a litigare con chi l’ha provocato. Non
è lo “stare in battaglia” perché offesi: questa
è la complicazione.
Tuttavia, semplicità non è arrendevolezza passiva.
Equivale piuttosto alla riutilizzazione dell’energia
dell’importanza personale, che comincia a scorrere a servizio del
mio operare.
La complicazione è la difesa di sé, dell’onore, del
possesso, dell’orgoglio. La semplicità è il “non
avere”, è l'”essere”.

Semplice infatti, è colui che non accumula, che non mette da
parte cose su cose, mattoni su mattoni, conoscenze su conoscenze.
Il problema sta sempre nel possesso: l’avere mi condiziona a
difendere quello che ho.
La proprietà dà responsabilità, così
come il possesso crea un confine: gli antichi avevano un grosso
senso della proprietà, ma era proprietà del clan,
della tribù. Stabilire un confine per organizzare le risorse
è utile e positivo; ma quando il possesso è fine a se
stesso, crolla inevitabilmente.

Insomma, il possesso non ti fa mai accontentare perché
rappresenta l’avere per l’avere. E la scontentezza è tipica
dell’avere: è quella che ti fa dire “o tutto o niente”,
perché non ci si può accontentare della metà.
Se mi accontento, mi parcheggio, e ciò mi dà
tristezza. Così passo la vita ad organizzare la difesa o la
moltiplicazione di quello che ho. Perché l’avere spinge
all’avere. Ma è illusorio, è maya; la verità
è che nasciamo nudi e moriamo vestiti….
La semplicità nella via dell’Aria, proprio in quanto spezza
l’illusione dell’importanza personale, porta al “non attaccamento”,
che l’Umano deve realizzare per divenire Umano Evoluto.

Loredana Filippi

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