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L’episodio Il 4 ottobre scorso, un bacino di scarico incrinato nell’impianto di Ajka, a 160 chilometri a ovest di Budapest, si ruppe, riversando circa 70.000 metri cubi di fango rosso…
L’episodio Il 4 ottobre
scorso, un bacino di scarico incrinato nell’impianto di Ajka, a 160
chilometri a ovest di Budapest, si ruppe, riversando circa 70.000
metri cubi di fango rosso tossico sui villaggi circostanti,
causando il più grave incidente industriale nella storia
d’Ungheria, provocando la morte di dieci persone e il ferimento di
altre 150.
La Commissione Ue
vuole fare chiarezza sulla vicenda e, per questo, ha stabilito che
la costruzione della fabbrica di bauxite-alluminio all’origine del
disastro non avrebbe mai dovuto essere autorizzata: non si esclude
pertanto l’apertura di una procedura d’infrazione.
“La classificazione del sito è stata
fatta in modo erroneo e l’autorizzazione a costruire l’impianto non
avrebbe mai dovuto essere concessa perchè la zona è a
rischio”, ha detto il portavoce della Commissione incaricato
dell’ambiente, Jo Hennon. La Commissione Ue ha scritto una lettera
alle autorità ungheresi per informarle delle osservazioni e
“attende una risposta”, precisando che: “aspettiamo informazioni su
vari punti per sapere se è necessario avviare una procedura
di infrazione”, anche se al momento “non vi sono ancora le
condizioni per aprire la procedura ma vogliamo avere informazioni
sull’autorizzazione a costruire e sapere se le norme europee sui
rifiuti pericolosi sono state rispettate”.
La direttiva europea del
2008, denominata
IPPC, impone regole per l’autorizzazione a impiantare
attività industriali e agricole a forte potenziali
inquinante, in particolare in termini di emissione di scarti
inquinanti.
L’obiettivo è evitare
o ridurre al minimo le emissioni inquinanti nell’atmosfera,
nell’acqua e nel suolo oltre che i rifiuti prodotti da impianti
industriali o agricoli, in quanto “I fanghi sono molto corrosivi e
continueranno ad avere un impatto sui suoli e sui corsi d’acqua” ha
concluso Hennon.
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